“Sillabario dei tempi tristi” di Ilvo Diamanti

di / 4 settembre 2010

 

Non è un libro per tutti questo Sillabario dei tempi tristi (Feltrinelli, 2009) di Ilvo Diamanti: trentasette voci attraverso cui l’autore analizza il nostro tempo (si va da “Arrangiarsi” a “Zone”  passando per “Bene comune”, “Democrazia”, “Occhiali”, “Paura” e “Ultrà”…). Dicevamo, non è per tutti per almeno due motivi: perché non per tutti questi tempi debbono essere per forza tristi e non è per tutti perché non è scritto dal professor Diamanti, distaccato e scientifico, ma dal cittadino Ilvo, carico delle sue passioni e delle sue idee politiche (riformiste di sinistra), per niente neutrale, che già dalle prime pagine annuncia, avvisa e sembra scusarsi del fatto che per una volta il politologo distaccato lascia il posto all’uomo preoccupato e schierato. Quasi a voler dire che in questi tempi (tristi) non si può fare a meno di un impegno diretto, non si può non prendere posizione. Del resto, come ricorda già all’inizio, il giornale stesso per cui lavora, “Repubblica”, è una parte. Anzi, un giornale- partito, come molti dei suoi critici, nel corso degli anni, lo hanno definito. Così, se non fosse per lo stile tipico di Diamanti e per alcuni riferimenti ai luoghi della sua vita (Caldogno e Urbino) ed alla sua professione, potrebbe trattarsi di un’opera collettanea delle più prestigiose firme del giornale diretto da Ezio Mauro: difficile, infatti, quando si leggono alcuni passaggi carichi di tristezza e di critica molto aspra all’attuale società, non pensare agli scritti di Bocca, di Maltese, di Serra. Tutti autori “esuli in patria”, come esuli in patria per Diamanti sono gli elettori del Pd: cittadini che oltre a sentirsi “atopici” ed ormai atipici in questa modernità (peraltro neppure più utopici), subiscono pure la beffa di non vedersi ben rappresentati dai partiti del centrosinistra sempre più salottieri e mediatizzati. Mediatizzata del resto lo è ormai tutta la società, composta di persone atomizzate che vivono in solitudine o sui social network e che quando vanno nei luoghi pubblici si nascondono dietro lenti scure, quasi a volersi proteggere, quasi per paura degli altri. Già, la paura, un’altra “compagna” di questi tempi. Paura dello straniero, del diverso, paura nel calcio, sport nazionale che per Diamanti assurge a simbolo dell’Italia contemporanea: faziosa, violenta, razzista.

Scorre veloce questo libro, si legge tutto d’un fiato e lascia un po’ di tristezza ma, allo stesso tempo, anche la voglia di lottare perché questi tempi siamo meno tristi.

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