0.3/  Peggy’s Shadow e la Gazza

di / 8 novembre 2010

Is it my imagination
Or have I finally found something worth living for?
Cigarettes & Alcohol – Oasis

 

Una luce soffusa, che proveniva da una decina di lampioncini attaccati al soffitto da altrettanti fili spessi, colorava il locale d’arancione, gettando ogni tanto delle chiazze giallognole sui muri e sui tavoli di legno. Il locale era piccolo e un forte odore di resina lo invadeva. Era come trovarsi dentro un albero.
Eravamo appena entrati nel pub dove Liam ci aveva invitate a bere qualcosa, dicendoci che sarebbe venuto anche Noel.
Sandy aveva provato un’infinità di vestiti durante tutto il pomeriggio, chiedendomi ogni volta come le stessero addosso. Voleva assolutamente fare colpo su Liam. Era talmente eccitata che non aveva fatto altro che parlare di lui e degli Oasis.
“Andiamo in fondo, ho un tavolo”, disse Liam.
Mentre attraversavamo il locale, molti ragazzi seduti ai tavoli fissarono Liam. Alcuni provarono ad avvicinarsi a lui per parlargli, altri per chiedergli un autografo; la risposta fu sempre: “Ragazzi, no. Non stasera”.
Sandy mi afferrò per una mano e, cercando di non farsi vedere da Liam, dopo aver fatto un passo indietro per darmi la possibilità di guardarla interamente, mi disse: “Allora, come mi sta? Ti prego dimmi la verità”.
“Sei una favola, non ti devi preoccupare”.
“Non mi prendi in giro?”
“No, non ti prendo in giro. Andiamo”. Le sorrisi.
Ci sedemmo e ordinammo tre birre. Sandy faceva domande in continuazione a Liam “A cosa pensavi mentre scrivevi Little James?” “Perché canti tenendo la testa in quel modo?” “Qual è il tuo album che preferisci? “ “Ma Noel quante canzoni avrebbe voluto cantare?” “ Ma Noel non doveva venire?” Lui rispondeva e sembrava a suo agio. Ogni tanto anche io entravo nella discussione ma preferivo non farne completamente parte, guardavo Sandy così felice ed ero felice. Quindi preferivo osservarli mentre parlavano tra di loro.
Il locale un po’ alla volta si stava riempiendo. La musica dallo stereo e il chiacchiericcio che stava aumentando si mischiarono dando vita a quel rumore tipico dei pub: un rumore che riempie i silenzi pieni di imbarazzo in una conversazione ma che allo stesso tempo riesce a fare anche da collante.
All’interno di questo rumore riuscii a riconoscere una vecchia canzone dei Radiohead. Liam mi guardò storcendo il naso ed io gli feci una linguaccia. Ci stavamo riferendo a una vecchia discussione su Thom Yorke e sui Radiohead: “Quindi secondo te sono falsi solo perché provengono da famiglie ricche?” Gli chiedevo. “Si. Hanno avuto tutta dalla vita. Non si sono mai rotti il culo per andare a provare. Hanno sempre avuto la pappa pronta. E, nonostante tutto, continuano a dire che il mondo è una merda e pensano di essere gli unici ad aver capito qualcosa. Poi, oltretutto, odio i loro fan, sono tremendi”, mi rispondeva. “Quindi, secondo te, una persona può soffrire e dunque produrre qualcosa di vero, solo se non è ricco? Solo se si deve fare il culo? Non può soffrire per altri motivi? ” A questa domanda non seppe cosa rispondere e cambiò discorso.
Liam, sorridendo, mi offrì una sigaretta, girò la testa verso Sandy e riprese a parlarle.
Ordinammo altre tre birre. Poi altre tre. Sandy e Liam sembravano trovarsi molto bene tra di loro. In quel momento, Sandy stava raccontando di quella volta in cui, con una sua compagna di classe – questo, nonostante la forte presenza di alcool nel suo corpo, lo disse con un forte imbarazzo -, venne sorpresa dalla  professoressa di educazione fisica mentre si masturbava negli spogliatoi guardando una raccolta di fotografie che ritraevano Liam durante un tour. Fu sospesa per una settimana. Liam la fissava a bocca aperta mentre parlava. Scoppiarono a ridere nello stesso momento, un secondo dopo che Sandy finì di raccontare la storia. Liam l’abbracciò continuando a ridere e lei ricambiò molto calorosamente.
Da parte mia, iniziavo a sentirmi brilla e a vedere tutto un po’ sfocato ma ero ancora lucida. Risi ma avevo bisogno di fare pipì.
Liam ci propose un giro di Johnnie Walker. Sandy accettò, io dissi di no e andai in bagno e per poco non inciampai sul gradino di fronte alla porta. Rispetto al locale, il bagno era inaspettatamente grande. Feci pipì, mi asciugai, tirai su le mutande e la gonna e mi diressi verso lo specchio dove vidi la mia immagine riflessa.  Rimasi a fissarla per qualche secondo, con le braccia poggiate sul lavandino. Guardai attentamente l’orecchio sinistro. Scossi la testa e lo riguardai con attenzione. Mi sembrava che si stesse allungando. Mentre cercavo di toccare quella specie di appendice, la porta del bagno si aprì ed entrò una ragazza. Feci finta di sistemarmi i capelli e uscii. “Non reggo più l’alcool”, pensai.
Tornai al tavolo. Oltre ai due whisky che Liam e Sandy avevano tra le mani, ce n’erano altri due, vuoti. Oramai il loro modo di comunicare era composto unicamente da risate grottesche, suoni animaleschi e mani che si allungavano a intermittenza sul corpo dell’altro.
Mi misi a sedere e iniziai a ridere. Fui contagiata dalle loro risate e dal loro modo di fare. Era molto tempo che non mi sentivo così bene ed ero felice che lo fosse anche Sandy.
Mentre loro continuavano a parlare, vidi, dietro la sagoma di Liam, un uomo grosso dirigersi verso di noi: non era altissimo ma era abbastanza largo da sollevare me e Sandy senza problemi con una mano; aveva i capelli corti – forse biondi -, indossava una camicia a quadri e portava un paio di jeans attillati.
Stava camminando con i due indici all’insù e cantava a occhi chiusi la canzone che lo stereo stava trasmettendo in quel momento, facendo dei giri su se stesso.Risi. Vedere una persona come quella, così buffa, mentre faceva quello strano ballo, era sicuramente un qualcosa di comico. In più, l’alcool mi stava facendo sviluppare un’iper-sensibilità che rendeva ogni suo movimento più comico di quanto avrebbe dovuto essere.
Liam si girò per capire per quale motivo stessi ridendo.
“Dio no … non è possibile”, disse.
L’omone si avvicinò, prese la sedia da un tavolo accanto, la strusciò rumorosamente sul pavimento e si mise accanto a Liam.
“Liam, caro vecchio bastardo! Come stai? Sei sempre del City? Continui a sabotare le macchine dello United? Guarda che se non fosse stato per me, Ince ti avrebbe inculato alla grande! Dovresti ringraziarmi, lo sai, eh?” Disse il suo amico. Era spaventoso.
“Ciao Paul, sto bene, tu? Vedo che anche stasera non hai bevuto neanche una goccia d’alcool!”. Sandy rise ma ebbe la scaltrezza di non farsi vedere e riuscì a nascondere la testa sotto il tavolo fingendo di dover raccogliere qualcosa.
“Io sto alla grande amico mio. Alla grande! Sto con degli amici lì in fondo, li vedi? Stanno facendo ciao, li vedi? Li ho conosciuti stasera, sono uno spasso!”.
“Li vedo Paul, li vedo – disse Liam -. Senti noi ora dovremmo fare delle cose, quindi …”.
“Oh Oh, delle cose! Wow! Capisco Liam, capisco” Strizzò l’occhio con un fare cameratesco. “Presentami almeno le tue amichette”. Gettò un’occhiata su di noi e soprattutto sulle nostre scollature. “Come siamo carine!” Disse, cercando di essere attraente.
“Ragazze, lui è Paul Gascoigne. Forse ne avete sentito parlare, pare sia stato un grande calciatore di calcio. Se volete, potete chiamarlo Gazza”.
Paul diede una pacca sulle spalle di Liam con una forza incredibile.
“Liam, mi fai sempre ammazzare dalle risate, sei il migliore! Hai sempre avuto quest’umorismo nero, molto nero. Adoro il modo in cui riesci a mettere a nudo le persone, ti basta solo una parola. Non sai quanto io ti stimi – Diede un’altra pacca sulla spalle di Liam e fece per andarsene. – Grandissimo Liam che ancora riesce a fare  breccia nei cuori delle puttanelle! Stammi bene”.
Liam cambiò espressione appena Paul disse “puttanelle”. Lo fermò per un braccio e lo guardò diritto negli occhi.
“Come le hai chiamate?”
“Che cosa hai detto?”
“Ti ho chiesto Come le hai chiamate?”
“Uh-uh! Liam, non ti offenderai mica se le chiamo puttanelle. Cos’altro sono?”
“Pezzo di merda, a te non interessa cosa sono. Sono delle mie amiche, ok?”
“Ah-ah, tue amiche! Pff!” Poi girò la testa verso di noi e disse: “Lui non vuole essere vostro amico, capito? Vuole solo scoparvi!”
Liam si alzò in piedi e prese Paul per la camicia. Erano uno di fronte all’altro.
Cercai di afferrare Liam per i pantaloni ma fu inutile.
“Chiedigli scusa o ti spacco il culo!”.
“Non farmi ridere frocetto!”.
“Pezzo di merda, non sto scherzando. Chiedigli scusa!”, urlò Liam.
“E che cosa vorresti fare – la Gazza lo guardò con un sorriso beffardo poi, lentamente, disse:Peggy’s shadow?”.
Fu la goccia che fece traboccare il vaso. Liam lasciò partire un diretto destro che colpì Gazza al mento. Paul, con la bocca piena di sangue, si chinò e imprecò dal dolore, ma riuscì lo stesso a farsi forza sulle gambe: si buttò addosso a Liam scaraventandolo su un tavolo che era vuoto. Tutto accadde in un istante.
Intanto, le persone che fino a un attimo prima stavano chiacchierando tranquillamente tra di loro, si erano alzate dai tavoli e, pietrificate, osservavano la scena. Anche i nuovi amici di Paul.
Liam e Paul si trovavano sul tavolo, uno sopra l’altro. Liam, che si trovava sotto, prese Paul e lo scaraventò a terra. Una caduta del genere avrebbe stordito chiunque ma Paul si alzò in piedi e si gettò di nuovo addosso a Liam. Questa volta però, dopo averlo afferrato come avrebbe fatto un rugbista, gli tirò un pugno sul fianco e l’altro in faccia. In quel momento – nessuno più fiatava nel pub -, la radio stava trasmettendo nitidamente Tender dei Blur. Chissà a cosa avrà pensato Liam mentre si schiantava contro il tavolo
La Gazza, vedendo Liam che non sembrava dare segni di vita, pensando di aver vinto, alzò i pugni al cielo con un sorriso inquietante stampato sulle labbra, come se avesse vinto un incontro di boxe. Il sangue che usciva dalla sua bocca stava colando sul collo. La camicia era piena di macchie rosse sparse qua e la. Iniziò a ridere e a mandare baci, si girò più volte su se stesso, come se fosse al centro del ring, e andò a salutare il suo pubblico che lo avrebbe portato in trionfo.
Ma proprio mentre stava dando la schiena a quello che rimaneva di Liam, qualcosa di pesante prima lo colpì sulla schiena e poi cadde a terra, nel momento preciso in cui, dallo stereo, Damon Albarn cantava «Oh My Baby, Oh My Baby». Paul emise uno strano verso dalla bocca e, rovesciandosi sul pavimento, svenne. L’estintore che Liam gli aveva tirato ancora rotolava sul pavimento mentre lui era piegato in due e respirava a fatica.
Liam prese la sua giacca e, come se non fosse successo nulla, guardando il corpo privo di sensi di Paul, ci disse di prendere le nostre cose. Sandy ed io ubbidimmo senza fiatare. Ci incamminando verso l’uscita, mentre lo stereo stava sfumando sull’ultimo «Oh My Baby».
“Che cazzo avete da guardare? Fatevi i cazzi vostri”, disse Liam alle persone incredule che avevano formato naturalmente un semicerchio intorno a lui.
Dopo aver spezzato il semicerchio, uscimmo dal pub.
Erano i primi giorni di settembre, faceva ancora caldo ma nell’aria si percepiva un leggero cambiamento. Un vento lieve ci sfiorava i capelli e ci pizzicava il viso. Le foglie, illuminate dai lampioni attaccati ai palazzi, stavano piano piano cambiando colore, ed era già possibile trovarne qualcuna a terra.
Dopo aver camminato per qualche metro, vedemmo Noel venirci incontro.
“Scusate il ritardo ragazzi, ci facciamo una birra insieme?”, chiese.
“Da un’altra parte Noel, non qui. Questo è un posto del cazzo”, rispose Liam.

  • condividi:

Comments

News

effe

“effe – Periodico di altre narratività” numero dieci

“effe – Periodico di altre narratività” numero dieci

Archivio