“Piazza dell’Unità”. Conversazione con Maurizio Matrone

di / 3 maggio 2011

Flanerí incontra Maurizio Matrone, autore di Piazza dell’Unità (Marcos y Marcos, 2011), un romanzo-affresco di una Bologna multiculturale, sovraeccitata, spinta dagli eccessi in un vorticoso turbinio di sesso, denaro e sentimenti contrastanti.

Una favola variopinta e amara che solo nel finale trova una luce tanto flebile quanto forte di speranza. Uno dei romanzi più interessanti della stagione che fotografa perfettamente, nonostante qualche intelligente esagerazione, un’Italia incapace di reggersi su quel filo invisibile che divide il passato e il futuro.

Ciao Maurizio, grazie dell’intervista. Piazza dell’Unità è l’epicentro della tua storia (anzi delle tue storie), tutti i personaggi in un modo o nell’altro passano da lì. Soldi, droga e soprattutto sesso. Il sottobosco di Bologna e delle nostre metropoli è davvero in preda di questa schizofrenia?

Be', non proprio, forse non così, ma credo che fingere la realtà aiuti a costruire un pensiero attorno a problematiche che spesso non si vogliono affrontare come, appunto, l'immigrazione minorile.

Da poliziotto a scrittore. Come è stato possibile questo salto? Perché c’è questo distacco tra le forze armate e la società civile? Il problema viene dall’alto o dal basso? Questa esperienza ti ha aiutato nella conoscenza di questo mondo solo apparentemente nascosto?

Caspita, quante domande!

Prima ero poliziotto e scrittore adesso solo scrittore: non è stato un passaggio così drastico, ma significativo considerando i ventuno anni con la divisa.

In realtà il distacco tra le forze dell'ordine e i cittadini non dovrebbe esserci e nemmeno percepito. Delle Istituzioni, in un paese democratico, bisogna fidarsi al di là dei comportamenti violenti e criminali di qualcuno. Se non ci fidiamo delle polizie non saremmo in un paese democratico. Però le forze di polizia tentano di attrezzarsi ad affrontare la complessità: a volte in maniera "empirica" e approssimativa, certo, ma più spesso di un tempo con professionalità.

Serpico, il famoso poliziotto italoamericano, sosteneva che il pesce puzza dalla testa, tuttavia ritengo che i problemi riguardano le persone in genere, dall'alto al basso.  

L'esperienza poliziesca mi ha insegnato a valorizzare il punto di vista, mi ha permesso di guardare nel dolore e nei deliri di tutti: poveri e ricchi, belli e brutti.

A parte il bambino, simbolo di speranza, c’è un personaggio per cui hai nutrito più simpatia? A me sono piaciute molto le figure di Mohammed e di Edoardo, ho provato tenerezza per Elena e per Roman.

Adesso che mi ci fai pensare trovo simpatia per tutti, ma per Roman e Elena, forse un po' di più.

Ho insegnato a Roma e nelle classi non ci sono ancora queste percentuali di stranieri di cui parli nel libro. Al nord la situazione è ancora di più al limite? La mia impressione è che né il governo né la scuola sembrano aver voglia di affrontare il problema. Non accettare una società multietnica è anacronistico, antistorico. Mi sbaglio?

Non ti sbagli. Nel Nord, le percentuali sono più alte, ma non così alte come le "fingo" io. Ma il problema resta tale finché non verrà considerato risorsa, punto di forza, opportunità. La multiculturalità multietnica è un fatto: se ci pensiamo, noi italiani siamo particolarmente mescolati, forse un po' agitati.

Perché tutto i processi del libro sono innescati dal sesso? Sembra quasi di tornare alle teorie di Pasolini dei suoi romanzi maggiori, con un sottoproletariato molto diverso geograficamente da allora ma anche così vicino.

Ritornando all'alto non ci mancano gli esempi, ma in relatà il sesso rappresenta, dal mio punto di vista, la più forte pulsione vitale (essere, vivere e sopravvivere) a "prescindere", ma poi, nel mezzo della "carneficina sessuale (dall'onanismo alla necrofilia)" c'è anche l'amore, come ne il finale di "Salò o le 120 giornate di Sodoma" …come si chiama la tua ragazza? Margherita.

Hai rimpianto per la vecchia Bologna? Quella dai “fianchi un po’ molli”, dei “portici cosce”, dei “salami in vetrina”, dei “vecchi imbariaghi che sembravano la letteratura”?

No, ma ne serbo un buon ricordo. Consiglio a tutti una rosetta con la mortadella da consumarsi con un pignoletto all'osteria del sole, una mezza mattina.

Può esserci una rinascita? Questa società multiculturale in fondo non può essere l’input per “migliorarci”?

Certamente sì.

Perché leggere Piazza dell’Unità?

Perché c'è da divertirsi e commuoversi (e un po' anche incazzarsi).

Grazie mille per l’intervista.

Grazie mille a te

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