“E nemmeno un rimpianto” di Roberto Cotroneo

di / 21 luglio 2011

Ci sono musiche e storie che, per l’urgenza brutale di svelare tutto subito, non dicono nulla. Altre, invece, che dal non detto e da sussurri appena accennati assumono forza e consistenza, alla maniera dei sogni. È il caso di questo romanzo, sofferto e melanconico, morbido e sospeso, proprio come le note della tromba di Chet Baker, “Chet” per tutti. Note strappate al buio, “sfrangiate e piene di scivoli emotivi”, lente e tormentate.

La trama è semplice: uno scrittore e musicista viene a sapere che il leggendario jazzista, morto tragicamente oltre vent’anni fa, sarebbe ancora vivo. Ma l’intera storia è un pretesto. Un pretesto l’evocazione del suo fantasma, i viaggi da Roma al Salento fino a Parigi, gli incontri. Tutti indizi, segni, frammenti, che il protagonista raccoglie e analizza con cura per risolvere la sua ossessione: come può la musica di Chat irradiare pura luce nonostante sia figlia degli abissi, trasformare un corpo devastato dall’eroina in un miracolo conturbante e sfuggente?

Una ricerca cadenzata al ritmo di My Funny Valentine, la ballata a cui l’ex kid di Yale era più affezionato, e dall’immersione nei nastri incisi nei diversi periodi della sua esistenza.

Fino all’intuizione: per capire occorre arrivare al cuore autentico dei suoni, racchiuso non nelle note, nella melodia e nell’armonia come si può pensare, ma nelle dissonanze e incrinature, nelle pause e nei silenzi. Perché la musica è assenza,“innocente, indifferente a tutto, aperta a tutto…crudele, distante sempre, in bilico tra il vuoto e il nulla. Come la natura.

E chi, a dimostrazione di ciò, meglio di uno che suona la tromba, strumento che “ti guarda da lontano, ti parla distante, chi meglio di Chet, crudele e innocente al tempo stesso, è capace di scandire le note “in sintonia col suo tempo interiore” e così di “arricchire e sottolineare il silenzio… farlo suonare, raccontare l’attesa, sospendere il mondo?

Uno come Chet non aveva scelta. E forse davvero, a chi gli avesse chiesto quali rimpianti e nostalgie si portasse dietro, accennando un sorriso timido e stralunato avrebbe risposto come il suonatore Jones di Fabrizio De Andrè: “Sentivo la mia terra vibrare di suoni, era il mio cuore… E poi se la gente sa, e la gente lo sa che sai suonare, suonare ti tocca per tutta la vita e ti piace lasciarti ascoltare… E no, non ho nemmeno un rimpianto.


(Roberto Cotroneo, E nemmeno un rimpianto, Mondadori, 2011, pp. 176, euro 18)

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