Diario di Izumi Shikibu

di / 22 novembre 2011

«Più che ricordare
con il profumo dei fiori
vorrei ascoltare il cuculo
per vedere se la sua voce
è uguale a quella che conosco».

Del Diario di Izumi Shikibu (Izumi Shikibu nikki, 和泉式部) non sono certi né l’attribuzione né l’anno della stesura. Probabilmente è un’opera dell’XI secolo scritta da un autore anonimo che utilizzò i componimenti di una delle più note poetesse dell’epoca Heian, Izumi Shikibu appunto, come materiale di riferimento. In realtà la questione dell’attribuzione è ancora aperta, e restano numerosi quesiti sulla genesi del testo. Di difficile definizione, nonostante le numerose ricerche, è inoltre il genere dell’opera: essa comprende infatti sia le caratteristiche di un diario (nikki) come lo stile intimistico, sia quelle di racconto (monogatari) come l’uso della terza persona.

Una donna immersa nella solitudine, in una “stanza tutta per sé” come quella di Virginia Woolf, contempla il paesaggio che circonda la sua casa. È l’inizio di una nuova stagione, e la sua tristezza per l’amore perduto non può fermare il verde vivo della natura. I suoi ricordi malinconici vengono presto sostituiti dall’arrivo di un dono: un ramoscello di fiori di mandarino, inviato dal principe Atsumichi, fratello del defunto amore Tametaka.

Le poesie all’interno dell’opera sono dense di significati. Il profumo dei fiori succitati, che si riteneva avessero il potere di far ricordare le persone, diventano un dono in perfetta sintonia con l’arrivo dell’estate e con lo stato d’animo della donna. La sensibilità di Atsumichi e la probabile somiglianza che quest’ultimo potrebbe avere con il fratello scomparso destano curiosità nella donna che, inviando questa poesia, si confessa disponibile a un possibile incontro con lui «per vedere se la sua voce è uguale a quella che conosco». Da questa prima poesia infatti si svilupperà uno scambio sempre più frequente di lettere, e anche di incontri sotto la luce candida della luna.

Nel Giappone dell’XI secolo la poesia ha un ruolo fondamentale nei rapporti tra uomini e donne. L’etichetta alla corte Heian prevedeva che l’uomo non potesse vedere e incontrarsi liberamente con delle donne. Avendo queste ultime una vita molto appartata, la scrittura è l’unico modo possibile, oltre al kaimami (letteralmente: “spiare al di là dello steccato”, le donne ovviamente) per avvicinare il corteggiatore. Quindi il talento poetico rappresentava una dote all’epoca indispensabile per mantenere relazioni sociali. Ciò che regalano queste poesie (quest’opera contiene più di centocinquanta waka, letteralmente “poesia giapponese”) è il mono no aware, che si potrebbe tradurre come “la sensibilità delle cose”. Si tratta di una percezione ineffabile che accomuna il soggetto a ciò che lo circonda, di un sentimento di totale compartecipazione con le cose che sta alla base dell’estetica giapponese, si tratta di «piangere per la luna / che si nasconde / sotto la cresta dei monti».

Izumi Shikibu (il vero nome della poetessa è in realtà sconosciuto, nel periodo Heian infatti il nome delle donne deriva spesso dalle cariche dei parenti, per cui Izumi si riferisce al nome della provincia in cui era governatore il marito, Shikibu ricordava probabilmente la carica ricoperta in passato dal padre nello Shikinbushou, Ufficio del cerimoniale) nata probabilmente intorno al 976, fu una delle più grandi poetesse dei suoi tempi. Insieme alla nota Murasaki Shikibu, autrice del primo romanzo giapponese Storia di Genji, divenne una delle dame al servizio della consorte dell’Imperatore Ichijo (regno 986-1011) che avevano il compito di istruirla rendendola più attraente agli occhi della corte. A causa della sua esistenza contrassegnata da storie d’amore al tempo scandalose, come le relazioni con i due fratelli principi imperiali, e delle sue poesie dense di romanticismo, venne molto criticata e descritta in varie fonti dell’epoca come una donna frivola e inaffidabile (ukareme).

Che sussurrino pure la loro invidia. Izumi Shikibu è sopravvissuta fino ad oggi con la sua poesia e il suo fascino di donna.

«Non pensate che
la vostra esistenza sia rugiada
destinata a svanire.
Perché non vi augurate
la lunga vita del crisantemo?
»

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