“Favola” di Filippo Timi

di / 30 novembre 2011

Stati Uniti d’America. Anni ‘50. Vigilia di Natale. Una giovane donna, felicemente sposata e in dolce attesa, membro dell’upper class bianca e protestante, matura all’improvviso quanto di più dirompente si possa immaginare per un perfetto esemplare femminile dell’epoca come lei: gli attributi maschili.

Questa l’idea alla base dello spettacolo di Timi, ma l’intreccio che di qui si sviluppa è poco più che un pretesto per mettere in scena la “favola” delle apparenze indossate dalla protagonista: quelle di moglie paga e irreprensibile, di amica disponibile e fidata, di futura madre affettuosa e devota; in una parola l’apparenza della felicità, e ancor meglio della gratitudine per il ruolo che le è stato assegnato dalla società e dal tempo che l’hanno prodotta.

Nel primo tempo, esilarante, la stessa protagonista svela allo spettatore la vacuità di queste apparenze: la moglie appagata viene picchiata dal marito con regolarità degna di una prescrizione medica; la donna fedele cova desideri inespressi per il suo idraulico; l’amica leale ha taciuto alla confidente del cuore che il suo uomo le mette le corna, come se non bastasse con un altro uomo.

Nessuna di queste rivelazioni è però abbastanza potente da infrangere l’immagine che la protagonista proietta su sé stessa, come è stata istruita a fare. Completamente dissociata, continua a pensarsi come l’incarnazione della donna realizzata fino a quando, all’inizio del secondo tempo, la metamorfosi genitale la costringe violentemente a prendere coscienza di se stessa: ciò che la porterà, alla fine dello spettacolo, ad attraversare finalmente anche una metamorfosi mentale, abbandonando le ampie gonne della casalinga perfetta per un nero tubino da femme fatale.

Testo leggero e divertente, ma niente affatto superficiale, quello di Timi. La creatura che continua a crescere nel corpo mutato di Mrs. Fairytale non potrà uscirne, esattamente come le donne dell’America anni ‘50 non potevano uscire dalla prigione dei ruoli che era stata costruita per loro. C’è da chiedersi se Timi non abbia letto La mistica della femminilità, saggio della scrittrice femminista Betty Friedan, nato da un’indagine condotta dall’autrice nel 1957 fra le donne della sua generazione: la mistica della femminilità è proprio quel miraggio (di conio maschile, si intende), che imponeva culturalmente alla donna la rinuncia alla realizzazione professionale e personale in nome dell’adesione totale ai ruoli di figlia, sposa e madre. Obbligate a recitare questo copione, migliaia e migliaia di giovani cadevano in depressione e imboccavano la via dell’abuso di farmaci o alcool. Psicologi, sociologi, giornalisti, erano tutti responsabili di questo inganno, secondo la Friedan, insieme a Freud, di cui l’autrice prende in esame e critica fra l’altro un concetto che certo risuona nella piece di Timi, quello di “invidia del pene”: utile etichetta usata da alcuni colleghi del fondatore della psicanalisi per catalogare sbrigativamente come malate le donne che desideravano una carriera.

Filippo Timi è davvero un attore straordinario: gioca candidamente con la sua dirompente sessualità per dare vita a un personaggio delicato e profondo, mai banale, che dietro la maschera della leggerezza e dell’ironia nasconde un abisso di dolore. La sua Mrs. Fairytale, protagonista di questa Favola, è un donnone almodovariano intriso di cultura pop americana anni ‘50 e di virtù domestiche, sempre perfetta nelle sue mise e nella messa in piega. A fargli da perfetta spalla la bravissima Lucia Mascino, che nel ruolo di Mrs. Emerald dà vita ad una specie di virago platinata che sembra uscita da un film di Hitchcock, una Kim Novak controllata e altera che cela un’indole fragile e smarrita.

Questa Favola, piena di citazioni cinematografiche a partire dalla splendida scenografia che ricorda alcuni dei melodrammi di Sirk, è anche la favola di quel Sogno Americano che ancora una volta si rivela effimero e costellato di profondi vuoti e menzogne, dal quale anche l’universo femminile esce mortificato e schiacciato.

Favola
di e con Filippo Timi
con Lucia Mascino e Luca Pignagnoli
assistente alla regia Fabio Cherstich
consulenza artistica Sebastiano Mauri
costumi Miu Miu e Fabio Zambernardi 

Roma, Teatro Quirino, fino al 4 dicembre

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