“Petali d’oriente” di Yoshie Nishikawa

di / 12 dicembre 2011

Provocante ma sensuale, sfrontata ma discreta. È questa la donna impressa nella fotocamera di Yoshie Nishikawa (Sapporo, 1959; vive e lavora tra Milano, Londra, Parigi e Tokio). Petali d’Oriente è la sua prima personale presso la Pavesi Fine Arts. La galleria milanese, nata nel 1978 con un indirizzo antiquariale di tradizione familiare, ha rinnovato da qualche anno l’originaria tendenza aprendo i suoi spazi all’arte contemporanea. Per l’inaugurazione il fruitore è stato accolto in un’ambientazione nipponica con tanto di aperitivo sushi, artista in kimono e occhi a mandorla.
Dopo la laurea presso l’università d’arte di Ootani di Sapporo, nel 1982, Yoshie si è trasferita a San Francisco specializzandosi in “The Fine Arts of Photography” alla Francisco Academy of Art College. Ha all’attivo varie collaborazioni con importanti editori, aziende e agenzie fotografiche di Tokio. In campo pubblicitario ha affiancato numerosi brand internazionali come Ferrari, Xenia Gioielli, Harrods, Sony e ha pubblicato servizi fotografici su diverse riviste di case editrici come Condè Nast, Rizzoli, Mondadori, Hashette. Inoltre, ha costantemente alternato l’attività professionale con una propria ricerca personale esponendo i suoi lavori in vari spazi espositivi in Italia e in Giappone.
Sulle vivaci pareti giallognole delle due piccole stanze comunicanti sono appesi ben 21 scatti in bianco e nero in cui figurano nudi femminili.
Al centro di questi fermi immagine domina un’unica modella passionale e conturbante che offusca, con la propria bellezza e la luce che s’imprime sulla sua pelle, l’ambiente circostante.

La protagonista è ritratta in posizioni irriverenti, sentite oscene dal pubblico occidentale, abituato a una pudica visione della donna e legato al concetto di immagine in quanto mimesis della realtà. Una concezione ben distante da quella giapponese, secondo cui la rappresentazione di una figura non rimanda a se stessa bensì ad altro da sé, in quanto connessa a una tradizione simbolica.
Le fotografie, di formato quadrato (90x90cm) e rettangolare (60x90cm), sono scattate in una serie di chateau appena fuori Parigi. Interni in stile settecentesco, dominati da colonne e lampadari sfavillanti, si alternano a signorili cortili. Qui, il gentil sesso, rappresentato in tutta la sua fisicità, è sorpreso nei suoi momenti più intimi. Disinvolta e noncurante di sguardi indiscreti, si denuda da vesti regali, indossando solo gioielli che esternano la preziosità in lei insita.
A prima vista le immagini sembrano cogliere l’istante in cui si concretizza il fatto, l’azione. In realtà, Yoshie le studia in ogni suo particolare: dalla composizione, al set, alle singole pose, all’esposizione della luce direttamente sul soggetto. Ne emerge una teatralità tale da ricordare Caravaggio. Un’ulteriore riferimento al maestro lombardo è dovuto all’utilizzo della diagonale. In alcune istantanee il personaggio femminile taglia l’integrità della superficie dell’opera attraversandola, disegnando una linea obliqua con le sue stesse membra. Questa suddivisione dello spazio ricorda dipinti caravaggeschi come “Crocifissione di San Pietro” (Caravaggio, 1600-1601,Basilica di Santa Maria del Popolo, Roma) o il “David con la testa di Golia” (Caravaggio, 1609-1610, Galleria Borghese, Roma).

L’attenzione di Yoshie per il livello estetico dell’immagine va di pari passo con un’accurata ricerca per la sua conservazione. Gli scatti, infatti, sono stampati su carta cotone, la migliore presente sul mercato, tale da garantire l’immutabilità del colore per circa 150 anni senza ingiallire. Oltre a ciò, per dare un effetto di maggior lucentezza, le opere sono state ricoperte da uno strato superiore di cera posta a mano.

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