“Imaginaerum” dei Nightwish
di Mirko Braia / 20 gennaio 2012
Il 2011 ci ha lasciato sparando, tra le sue ultime cartucce, il nuovo album dei Nightwish, Imaginaerum.
Il settimo lavoro della band finlandese (secondo interpretato dalla voce di Anette Olzon che ha rimpiazzato Tarja Turunen, uscita dal gruppo nel 2005) portava con sé molte aspettative, legate a diversi fattori.
Da una parte prosegue la discussione sul valore di Anette, soprattutto nel paragone con la voce e con le emozioni che ha regalato Tarja; dall’altra i Nightwish hanno presentato a dicembre un lavoro ben più ambizioso di un semplice album: Imaginaerum infatti si presenta come colonna sonora dell’omonimo film, in uscita nel 2012.
Ideata e scritta da Tuomas Holopainen (tastiera e compositore della band), la pellicola racconterà la storia di un vecchio compositore ormai prossimo alla morte con un’immaginazione originale e unica che spesso lo porta a pensare di essere ancora fanciullo, che nel mondo onirico mescola i propri sogni di anziano con il mondo di fantasia e le musiche della propria gioventù.
Nel suo lungo viaggio l’uomo troverà tutti i ricordi più importanti della sua intera vita, fino ad arrivare all’inevitabile istante della morte.
Imaginaerum non è soltanto un insieme di canzoni, dunque, ma si rivela essere un vero e proprio “giro sulle giostre della vita” (come fatto capire da Holopainen e dalla stessa copertina dell’album, l’ingresso di una parco giochi ormai abbandonato) da vivere sulla propria pelle e nella mente oltre che nelle orecchie.
La prima traccia dell’album, “Taikatalvi”, sembra infatti una ninna nanna in lingua finlandese, anticipata da un rumore di carica come di un carillon che comincia a suonare per accompagnare l’ascoltatore nel mondo del sogno.
I toni cambiano in “Storytime”, con cui inizia il viaggio attraverso l’immaginazione del bambino, prima di ricordare che il tempo della gioventù è ormai finito e irrecuperabile. Il ritmo incalzante e decisamente orecchiabile di questa canzone l’hanno resa il primo singolo estratto da Imaginaerum.
Il viaggio continua con “Ghost River”, ma cambia radicalmente direzione quando si arriva a “Slow, Love, Slow”.
La rabbia, i sentimenti più prorompenti lasciano spazio a una canzone più lenta ma decisamente più sensuale, ispirata dalla musica dei nightclub americani di oltre 50 anni fa. Vengono a galla la passione, un amore più corporale e meno platonico, destinato però a spegnersi in una tromba lontana e un ticchettio che porta al ritorno dei ritmi precedenti, con “I Want My Tears Back”.
La successiva “Scaretale” richiama alla mente tutte le paure e gli incubi che accompagnano ognuno di noi durante l’infanzia e la crescita. Anche la voce di Anette cambia registro per introdurci nell’atmosfera di un circo degli orrori, che porta con sé un alone di mistero e angoscia.
Dopo la strumentale “Arabesque”, creata appositamente per essere inserita nel film, “Turn Loose The Mermaids” ci regala un’atmosfera più incantevole e gradita. Una magnifica ballata che si pone però come preludio a una fine che sembra sempre più vicina, ormai.
“Rest Calm” ne è la prova. La sensazione è che la morte si faccia sempre più incalzante. Il vecchio compositore, accompagnato da un ritmo angosciante e pieno di forza, vuole portare dentro di sé tutti i ricordi della sua vita; tutte le facce conosciute, tutti i migliori e i peggiori momenti riposano nel sogno, in attesa di riemergere di nuovo.
Ma a questo punto la fine è inevitabile, non c’è più modo di tornare indietro, non c’è più possibilità di attendere. In “The Crow, The Owl and The Dove” il ritmo cambia nuovamente. La morte è ormai a un passo, la consapevolezza prende il posto dell’angoscia e allora la mente si prepara a un destino inevitabile, anticipato da “Last Ride Of The Day”.
Il suono è incalzante, è potente, ma è anche pieno di sicurezza: il compositore non ha rimpianti, ha vissuto la sua vita ed è ormai pronto a vederla finire. Anche in questo caso il titolo ci suggerisce esattamente il messaggio della canzone: “L’ultimo giro del giorno” annuncia la morte ormai alle porte.
A decretare la fine è “Song Of Myself”, il lavoro più imponente dell’album. La traccia, che dura quasi quattordici minuti, si divide in una parte cantata, dove la voce di Anette è accompagnata da un coro, e un dialogo successivo in cui gli strumenti fanno da sottofondo a un dialogo tra due adulti (un uomo e una donna) e un bambino. Quello che ne segue non è facile da spiegare, ma va letto e apprezzato per alcuni passi quali: «Come puoi essere semplicemente te stesso se non sai nemmeno chi sei? Smettila di dire “so come ti senti”, come può qualcuno sapere come sta un altro?» Una lunga indagine sulla vita e sulle azioni degli uomini, che chiude la storia, il cerchio dell’esistenza e, di conseguenza, anche Imaginaerum.
In realtà un’ultima traccia, che ha lo stesso nome dell’album, è presente. Ma porta con sé i titoli di coda di questo lavoro, con un lungo medley tra tutte le canzoni dell’album.
A conti fatti Imaginaerum è più di un semplice nuovo disco, Anette si rivela essere più di un semplice rimpiazzo per Tarja e sicuramente questo viaggio merita più di un complimento.
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