“Il burattinaio”: a tu per tu con Francesco Barbi

di / 14 febbraio 2012

Intervistiamo Francesco Barbi, autore che avevamo già contattato ai tempi del suo primo libro, L’acchiapparatti, e che ritroviamo nelle librerie, già da qualche mese, con Il burattinaio (Dalai Editore, 2011), volume che sta confermando le aspettative dell’editore e del pubblico.


E sono due. Il secondo libro è sempre il più difficile per uno scrittore. Si hanno addosso gli occhi di molti addetti ai lavori e di un pubblico che ha iniziato ad apprezzare uno stile o un modo di scrivere. Che ne pensi? Come hai superato questo passo?
In effetti si dice che il secondo libro sia una sorta di banco di prova, se non proprio il battesimo del fuoco. A dire il vero, però, durante la stesura non ho mai sofferto la pressione di dover dimostrare qualcosa o la paura di fare passi falsi. Sono sempre stato più o meno fiducioso e, una volta terminato il romanzo, mi sono sentito molto soddisfatto.

Nella precedente intervista mi avevi parlato di un genere da te definito come “low fantasy”. Ti ci ritrovi ancora? È cambiato qualcosa con questo libro?
Anche questo secondo romanzo, se proprio dovessi inserirlo in un genere, lo definirei un “low fantasy” (ovvero un sottogenere in cui l’ambientazione è medievale, l’elemento soprannaturale è circoscritto, non c’è netta distinzione tra bene e male e i protagonisti sono spesso antieroi senza una chiara iniziativa morale o comunque tratteggiati attraverso risvolti psicologici e tratti conflittuali). D’altra parte, sebbene autonomo, Il burattinaio è di fatto considerabile il seguito de L’acchiapparatti.

Dagli emarginati ai folli il passo è breve. Ci spieghi un po’ come nasce questo libro e come sei riuscito a tessere un intreccio così appassionante?
Durante la stesura de L’acchiapparatti avevo accumulato parecchio materiale e il finale del libro lasciava diverse porte aperte. All’inizio della stesura, però, avevo soltanto un’idea molto vaga della nuova storia. Io procedo per situazioni, e dunque alterno sempre fasi di scrittura a lunghe e laboriose fasi di brainstorming… Il segreto, almeno per me, sta nel pensare molto, cercando di mantenere salda la fiducia che la storia sia già lì, che aspetta di emergere e di svilupparsi. Credo con fermezza nel non progettare, nel dare spazio libero all’inconscio, almeno in prima stesura, così da tenersi sempre in contatto con il proprio mondo interno e la propria realtà emotiva. Sono convinto che solo così io potrei costruire un buon intreccio, un intreccio che possa sorprendere, prima di qualsiasi altro, me stesso. Alla fin fine io stesso mi sento un burattinaio e per l’appunto ciò che mi muove maggiormente quando scrivo è il desiderio di dar vita a certi miei personaggi interni. Di solito loschi figuri, folli e reietti, che mi affascinano per le loro particolarità, il loro essere diversi, le loro reazioni impreviste alle situazioni in cui vengono calati.

Sapresti sintetizzare il tuo libro in poche parole?
Il romanzo si apre con la riesumazione della carcassa del mostro di Giloc, precipitato anni prima sul fondo di un abisso. L’indagine, condotta da un manipolo di Guardiani dell’Equilibrio e volta a far luce sul mistero che aleggia sulla vicenda, trascina una nutrita e variegata combriccola di personaggi in una folle avventura: inquisizioni e torture, fughe, inseguimenti, agguati, riti e spettacoli, feste, scontri e carneficine. Tutti protagonisti nel viaggio dalle Terre di Confine fino alla capitale del Regno di Olm, tutti ignari di essere pedine nel piano di vendetta del burattinaio.

Il burattinaio, reale o virtuale, è una figura che ritorna spesso nelle letterature mondiali: cos’è che rende il “tuo” speciale? Si ispira a qualcuno?
La figura del burattinaio ha un che di archetipico e mi ha sempre affascinato. Di solito in letteratura un burattinaio è un qualcuno che manovra gli altri personaggi come fossero marionette, spesso nell’ombra e attraverso ricatti, stratagemmi e piani. Non ho tratto ispirazione da qualche figura letteraria o filmica in particolare, il “mio” burattinaio ha rivelato la sua natura man mano che la storia si dipanava. Quando ho scoperto e messo a fuoco tutte le sue trame, non ho potuto far a meno di dedicargli il titolo del libro. Ciò che lo rende speciale è forse il fatto che non si limita a influenzare e a dirigere le mosse dei personaggi, ma diviene a tutti gli effetti un burattinaio dei corpi di alcuni di loro… Aggiungo soltanto che, al momento di decidere il titolo del romanzo, l’alternativa a Il burattinaio era Il Maestro dei Passaggi.

Di questi tuoi libri sono uscite edizioni all’estero? Credi che il fantasy italiano possa allargare i suoi confini?
Perché no, sebbene il genere in Italia si sia sviluppato in ritardo rispetto ad altri paesi e abbia incontrato e incontri diversi ostacoli, mi pare che qualcosa si stia muovendo. Riguardo  L’acchiapparatti e Il burattinaio, al momento non sono ancora state pubblicate edizioni estere, ma proprio di recente ho ricevuto una buona notizia in proposito.

Novità? C’è già in cantiere un terzo libro o ti prendi un periodo di pausa?
Per quanto riguarda il fantasy, e in particolare l’ambientazione legata alle Terre di Confine, mi prenderò una pausa. Ho terminato da qualche tempo la revisione di un libro di racconti di fantascienza e adesso sono alle prese con un paio di nuovi progetti. Non ho però ancora deciso su quale dei due spenderò i prossimi mesi.


(Francesco Barbi, Il burattinaio, Dalai Editore, 2011, pp. 525, euro 20)

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