Blixa Bargeld e Alva Noto live @ Auditorium Parco della Musica

di / 3 aprile 2012

Si è finalmente realizzato l’incontro tra due dei massimi sperimentatori sonori dell’attuale scena musicale. Da una parte Blixa Bargeld, che fu chitarrista e seconda voce con Nick Cave nei The Bad Seeds ma che riveste soprattutto il ruolo di cantante e leader carismatico del collettivo avanguardistico berlinese Einstürzende Neubauten, massimi rappresentanti della scena industriale mondiale; dall’altra Carsten Nicolai, in arte Alva Noto, tedesco anch’egli, artigiano sonoro del terzo millennio, pioniere di un minimalismo elettronico che non disdegna passaggi nell’ambient e che si è caratterizzato negli ultimi anni per un percorso di de-costruzione scientifica della techno. 

Più simile a un set performativo composto da piccoli bozzetti elettro-vocali, il concerto andato in scena alla Sala Sinopoli dell’Auditorium di Roma presenta una musica che è il frutto di supremi artifici tecnologici, i quali espandono suoni e percezioni in un abisso caleidoscopico dove l’uomo tenta di riprodurre artificialmente i processi creativi propri della natura: Mimikry, titolo dell’unico disco prodotto dal duo Bargeld/Noto, in tedesco significa proprio mimetismo.

Eredi al tempo stesso di una cultura cibernetica contemporanea e di un approccio alle forme estetiche che richiama alla mente le avanguardie storiche europee di inizio Novecento, il duo teutonico dipinge un mondo de-umanizzato, freddo e gelido. Un mondo fortemente caratterizzato dal tema del rapporto conflittuale tra uomo e macchina, l’incontro/scontro tra umano e artificiale. Le parentele letterarie più evidenti sono con l’Asimov del ciclo dei robot, con le indagini ontologiche al limite tra tecnologia e teologia di Philip Dick e con la fantascienza surreale e post-moderna di Ballard. L’essere umano viene posto sistematicamente di fronte alla sua controparte robotica, che qui lo domina in tutto e per tutto. Quella rappresentata è quindi una lotta per la sopravvivenza dell’umanità dell’individuo contro la spersonalizzazione e la disumanizzazione razionale e scientifica propria dell’era tecnologica delle macchine.

La voce di Bargeld ci guida in questo inesorabile percorso discendente, in questa oscura parabola, nella quale egli si muove come un comandante tolstoiano, pianificando strategie fallaci per battaglie già perse. Il canto si fa così sempre più artificiale, si sgretola sui balbettii elettronici di Alva Noto, che irrompono violentemente sulla scena rendendo discontinuo il fluire del tempo e restituendoci immagini frammentate del reale, ombre e luci di figure umanoidi che si muovono in un’architettura sonora artificiale, che rinvigorisce in ogni momento il fascino spaventoso del binomio novecentesco tecnologia-distruzione. Un binomio intorno al quale si costruiva, all’inizio del secolo scorso, quella poetica futurista di cui Blixa Bargeld è attento conoscitore ed estimatore, e della quale ha sempre ribadito l’importanza nel suo percorso artistico come, ad esempio, nell’ultimo lavoro degli Einstürzende Neubauten intitolato Alles Wieder Offen (Potomak, 2007), durante il quale dichiara esplicitamente la sua stima per la distruzione linguistica e sonora portata avanti parallelamente da Marinetti sul versante poetico e da Luigi Russolo, inventore degli intona-rumori e autore del manifesto L’arte dei rumori (1913), sul versante musicale.

In questo gioco di distruzione/creazione, che oscilla tra un razionale e ordinante spirito apollineo e la sua antitetica controparte irrazionale, Bargeld raggiunge vette di espressività più prossime al teatro d’avanguardia che alla musica vera e propria. Lo troviamo infatti intonare un canto che è al tempo stesso mantra litanico e recitativo incomprensibile, psicotica declamazione dadaista e bisbiglio indecifrabile, carico di una caotica e irrazionale entropia che rifugge da sistemi ordinati e coerenti di idee e prova ad affermarsi come tratto caratteristico che distingue l’uomo dalla macchina. Ma il processo di alienazione è inarrestabile. Anche la capacità di linguaggio razionale viene progressivamente perduta, regredendo ad una fase pre-linguistica. La parola si destabilizza, diviene prima sillaba sconnessa, poi puro suono onomatopeico, infine elemento ritmico e sonoro anch’esso, rumore oramai totalmente asservito ad una macchina che lo manipola e lo plasma a sua immagine e somiglianza: è la realizzazione di quell’uomo-macchina preconizzato tre decadi fa dai Kraftwerk nel disco profeticamente intitolato The Man-Machine (Capitol, 1978).

Il lavoro di Bargeld e Noto si pone quindi come ulteriore tassello nell’evoluzione di un tema che ha profonde radici storiche, risalenti, come detto, a Russolo, a Karl-Heinz Stockhausen e poi a John Cage e al movimento tedesco del Krautrock – Tangerine Dream, Faust, Can e Neu! per citare i più significativi –, e che segna qui un’ulteriore scarto: siamo di fronte infatti alla fine di una fase pienamente industriale, rappresentata dai passati lavori di gruppi quali Einstürzende Neubauten, Throbbing Gristle, Cabaret Voltaire, Foetus e Coil, nei quali il materiale sonoro utilizzato era materico, fisico, tangibile, apparteneva ancora al mondo reale. Quella che si sta invece aprendo ora è una fase che è forse definibile, con tutte le precauzioni necessarie quando si utilizzano le gabbie chiuse delle definizioni, come post-industriale e post-ambient, il cui tratto caratteristico è il totale asservimento al mondo digitale e tecnologico, che si richiama al geometrismo astratto dell’ultimo Mondrian e al suprematismo architettonico di Malevič.

Il futuro qui immaginato non è più magnifico. Il progresso è sfuggito al controllo umano. La scienza e la tecnica non sono più asservite al bene dell’individuo e della collettività. Ci vengono prospettati solamente sterili deserti e lande desolate, infiniti spazi ghiacciati che si estendono sotto un cielo perennemente grigio dietro le cui nubi si cela un sole timido, morente. Gli unici abitanti, inquieti e silenziosi, sono piccoli insetti e alter-ego umanoidi: bipedi ibridi al confine tra artificiale e naturale, tra macchina e uomo, intonano, non più coscienti della loro natura, melodie sintetiche su ragnatele di droni computerizzati, muovendosi su instabili danze meccaniche che scandiscono l’incedere dell’era tecnologica.

Un’era tecnologica che ci stupisce, però, per l’intensità emotiva di cui è comunque capace. Anche lo sconvolgimento, o persino l’assenza, del linguaggio si configura, difatti, come linguaggio medesimo. Tutto ciò che è portatore di senso è a tutti gli effetti un oggetto linguistico, un insieme di segni con funzione comunicativa. Si scopre così, al termine dell’esibizione, come questo mondo cibernetico, apparentemente freddo e asettico, si dimostra invece portatore di un sistema d’immagini dotato di una potente funzione significante, di un apparato emotivo che si rivela, come i replicanti di Blade Runner, paradossalmente anche più umano dell’umano stesso.

 

Alva Noto e Blixa Bargeld
L’evento si è svolto sabato 31 marzo 2012 presso la Sala Sinopoli dell’Auditorium Parco della Musica di Roma

  • condividi:

Comments

News

effe

“effe – Periodico di altre narratività” numero dieci

“effe – Periodico di altre narratività” numero dieci

Archivio