“Caterina fu gettata” di Carlo Sperduti

di / 20 aprile 2012

Scommetto che si è divertito Carlo Sperduti a scrivere questo libro, debutto romanzesco, testo spassosissimo a partire dal titolo – Caterina fu gettata – che potremmo definire surreale. Romanzo lo è davvero nonostante la piccola precisazione dell’avvertenza che afferma: «quanto segue non è un romanzo» contraddicendo la quarta di copertina.

La scrittura è scorrevole, leggera, a tratti ironica mai pedante e il sorriso affiora sulle labbra di tanto in tanto, senza esagerare. Gli ingredienti sono semplici: una giovane coppia di fidanzati, un locale dove incontrarsi, una gatta, una buccia di banana. Tutto ha inizio con un equivoco paradossale che dà il via a una serie di avventure. Caterina viene gettata: «un caso sfortunato quanto raro che a un umano toccasse la stessa sorte di un rifiuto». Infatti fin dal titolo la scelta della forma passiva del verbo evidenzia il ruolo di vittima della giovane che si ritrova in balia degli eventi a causa di una tendenza narcolettica che la spinge inevitabilmente ad addormentarsi. Al suo risveglio s’inanellano, uno dietro l’altro, aneddoti e incontri che condurranno a un finale a sorpresa.

Finora la descrizione epidermica che ne abbiamo dato sembrerebbe tratteggiare un romanzetto come tanti altri, in realtà è proprio la profonda consapevolezza letteraria di un addetto ai lavori come Sperduti a fare la differenza. Tanto per cominciare l’avvertenza premessa al romanzo s’inserisce nella tradizione delle querelle romanzesche del XVIII e XIX secolo in cui l’autore forniva ai fruitori una sorta di mise en garde sul contenuto. Infatti il lettore è chiamato in causa a più riprese proprio per ricoprire quel ruolo di primo piano che gli spetta. È d’effetto la frase che conclude la storia riproponendo in modo sintetico la polemica sulla scelta del narratore che si solleva da ogni responsabilità rinunciando volentieri all’onniscienza: «Siamo mica narratori onniscienti noi».

Nel prologo primo si legge una parola chiave «immaginate»: il compito della scrittura è evocare, suggerire lasciar libero sfogo alla fantasia. Se per Tommaso è valido questo suggerimento poiché «non si fornirà alcun particolare sull’aspetto fisico del personaggio», un discorso diverso spetta all’ambientazione.

Il primo capitolo parte con una descrizione dettagliata e minuziosa del quartiere in cui vivono i nostri: «Voltando le spalle al grande Arco e procedendo verso est». La descrizione parte da lontano come una telecamera che avanzi verso l’interno, dal generale al particolare fino ad arrivare «dentro un buco dai contorni irregolari aperto sull’anta destra della porta», oltrepassando l’ingresso si entra in casa. Probabilmente si vuole raccontare quanto più possibile dei suoi abitanti, Caterina e Tommaso, deducendo carattere e inclinazioni dall’ambiente e seguendo il suggerimento balzachiano di riservare alla descrizione una funzione diegetica.

Un’ultima osservazione riguarda la gatta Gnaca e le sue abitudini quotidiane sulle quali sono spese pagine e pagine: questo personaggio insolito è depositario di un’antica saggezza e dispensa consigli. Gnaca sembra dotata di superpoteri: si trasforma, parla, filosofeggia, riuscirà a salvare la sua padroncina in pericolo?


(Carlo Sperduti, Caterina fu gettata, Intermezzi, 2011, pp. 130, euro 10)

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