“Romanticidio” di Carolina Cutolo

di / 4 giugno 2012

Carolina Cutolo torna in libreria e lo fa con un nuovo, spassoso romanzo dal titolo accattivante. Dopo Pornoromantica, ecco Romanticidio. E la riflessione si sposta così dal sesso all’amore.
Marzia Capotorti, protagonista e voce narrante, è una venticinquenne molto sveglia che ha le idee chiare sulla vita (e anche sulla morte) e la convinzione sempre più radicata che l’umanità sia un branco indistinto di burattini meschini che agiscono secondo dettami prestabiliti.
Lei invece lavora in un locale come bartender per assecondare una sua propensione personale.
Da qui la sua interessante consuetudine di classificare le persone a lei più vicine in base al cocktail che meglio le rappresenta. Un odore, un modo di fare, una caratteristica preponderante… ed ecco un drink per ognuno dei personaggi principali della storia, o per i loro rapporti: «Mio padre stava a mia madre come la brezza di vermouth nel Martini Hemingway sta al gin: non contava quasi un cazzo, ma se non ci fosse stato la vita di mia madre avrebbe significato poco più di una bottiglia di distillato facilmente reperibile a poco prezzo in un qualsiasi supermercato».
La teoria del cocktail-personalità è perfettamente calzante alla storia e si sposa inoltre benissimo con la scrittura fresca e piacevole della Cutolo.
Tutto fila liscio, insomma, tutto è in equilibrio tra la presunta superiorità morale di Marzia e la bassezza di chi le sta accanto, fino all’incidente (tragicomico) che l'ha mandata in coma.
Ed ecco l’inghippo: il suo è un coma vigile, che le permette di accorgersi di tutto quel che le succede intorno.
Amici e parenti si susseguono nella sfilata patetica ai piedi del suo letto d’ospedale, per quello che potrebbe essere il loro ultimo saluto a Marzia.
Immobile e muta, dunque, e da una prospettiva del tutto nuova, si ritrova ad ascoltare i pensieri dei suoi amici di sempre e di quelli nuovi e a commentarli sarcasticamente: odia queste recite, si dichiara apertamente ninfomane e non sopporta nessuno, nemmeno sua madre.

Eppure adesso non può fare a meno di pensare, nella situazione in cui viene a trovarsi, che forse la verità sta nel mezzo, tra il suo odio smisurato verso la sdolcinatezza e le pantomime smielate del mondo esterno. 
Da quell’insolito punto di osservazione scopre persone diverse da come le aveva sempre conosciute.
E scopre diversa anche se stessa: «Ho noia dei miei stessi pensieri. Scappatoie insulse e banali. Mi sembra di somigliare a tutto ciò che ho sempre disprezzato, alla fragilità emotiva di Vanessa, al vittimismo di mia madre, alla vigliaccheria di mio padre. Vorrei poter piangere a dirotto […]. Vorrei morire. E basta. Molto semplicemente. Adesso».
Occorre quindi compierlo davvero un romanticidio, senza però diventare aridi.
Il rischio è reale e Marzia ci è andata molto vicina. Per questo è disorientata quando si rende conto che esiste una realtà diversa da quella che si aspettava: le emozioni arrivano prima o poi, nonostante tu abbia tentato di ucciderle.
Questo è il nodo di tutta la storia, il punto di partenza e il punto di arrivo.
Una storia che si scaglia contro il romanticismo eccessivo, quello stucchevole e finto che alle volte dilaga, purtroppo, ma che ti mostra (attraverso la storia stessa e attraverso lo stile ironico in cui viene raccontata)  che il romanticismo non è solo quello: cedere alle emozioni, a qualsiasi tipo di emozione, può anche far male, ma d’altra parte non si può evitare, perché se lo eviti vivi a metà.
O forse non vivi per niente.

(Carolina Cutolo, Romanticidio, Fandango, 2012, pp. 197, euro 13)

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