“Chiedi alla polvere” di John Fante

di / 30 giugno 2012

Chiedi alla povere è la storia di Arturo Bandini. Un grande scrittore, sissignore, davvero un grande scrittore questo Arturo Bandini. Passa le sue giornate in una stanza dell’albergo Alta Loma, a Los Angeles dove cerca continuamente l’ispirazione giusta e invece incontra Camilla Lopez, la bruna cameriera messicana del Columbia Buffet. Non bella se non fosse per i contorni del viso e il candore dei suoi denti. Ma insolente e cocciuta, dannata donna, capace di far tremare di desiderio persino l’autore del celebre racconto Il cagnolino rise, il magnifico Arturo Bandini in persona, per l’appunto. Tremare soltanto però, perché, per il resto, una mente sublime non può che rimaner di sasso dinnanzi alla sua nudità, alle sue carezze, come «un pezzo di arrosto freddo».

Mica come quel tubercolotico di Sammy il barista! Ah povero diavolo, povero romanziere dei nostri stivali! Ah Camilla! Dannata messicana! Perché non la pianti di amare quel brandello d’uomo e non corri dal grande Arturo Bandini, che ogni tanto prega perché ha peccato mortalmente con Vera Rivken. Maledetto sia quel giorno! Dio gli fu testimone e mandò giù un terremoto che ancora tutti se lo ricordano a Long Beach! Da Dio in persona fu punito Bandini per aver posseduto Vera Rivken, lui, figliol prodigo di madre cattolica, a cui invia qualche soldo ogni tanto, quando il buon critico Hackmuth – che Dio lo preservi in eterno, quel brav’uomo – gli spedisce succulenti assegni per i suoi racconti. Ha del fiuto quel Hackmuth, eccome se ce ne ha! Ha saputo riconoscere subito le doti di uno come Bandini, uno che non si perde in chiacchiere, che ha il dono della scrittura, ma chissà perché, a volte, proprio lo smarrisce questo dono e si danna, impreca, si dispera. Lui, Arturo Bandini, che anche quando sta per annegare nell’oceano, quella strana notte a Santa Monica, insieme a quella matta di una messicana, mentre le onde lo portano giù e poi su e poi di nuovo giù, anche allora il suo cervello registrava, divideva in capitoli l’accaduto, ne faceva prosa da romanzo. Dio che genio della scrittura questo diavolo d’un italo-americano! Anzi no, americano a tutti gli effetti e non come la nostra povera Camilla Lopez, così evidentemente messicana e socialmente discriminabile. Al diavolo lei e il suo Sammy, il tubercolotico!

Dunque Chiedi alla polvere è proprio una bella storia. C’è chi dice sia un capolavoro, c’è chi se lo rileggerebbe giorno e notte. Chi invece ne parla con sobrietà, lo stigmatizza e lo ripone con indifferenza nel filone della letteratura americana, quella dannata letteratura americana che non ha né capo né coda, ma solo nervi tesi e sangue caldo che scorre nelle vene, nel ventre, negli organi più biechi. Ma del resto che importanza ha tutto questo! Al Diavolo tutti quanti!

Chiedi alla polvere è, prima di tutto, la storia di un ventenne, il grande Arturo Bandini, che prima prova a fare lo scrittore, ma non gli riesce molto bene, poi cresce, si scontra con la vita, col passato, col futuro, sesso compreso, e allora sì che migliora, che trova l’ispirazione, che diventa finalmente un grande romanziere. Davvero un bel romanzo questo Chiedi alla polvere di John Fante. Peccato solo per quella dannata messicana. Ah, Camilla Lopez, che Dio ti abbia in gloria per l’eternità!

 

(John Fante, Chiedi alla polvere, trad. di Maria Giulia Castagnone, Einaudi)

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