“Vedrai” di Nicolas Fargues

di / 25 settembre 2012

Colin, che ha circa quarant’anni ed è cresciuto ascoltando i Doors, non aveva mai pensato di «tornare per una qualsiasi ragione al cimitero Père-Lachaise» dove riposano Jim Morrison e vecchie star e dove un giorno per «240 euro invece dei 419 della tariffa adulti, gli impiegati del Comune di Parigi avrebbero proceduto alla cremazione» di suo figlio appena dodicenne. È una mattina come tante quella in cui Clément muore schiacciato da un treno della metropolitana. E Colin sa che non ne verrà a capo, che sono bastate appena poche ore perché le persone riprendessero a viaggiare nell’indifferenza dei vagoni sotterranei, che ogni volta che vedrà una lattina di Coca Cola, un jeans troppo largo, una pagina di facebook, la vita si mostrerà «sguaiata» nella sua semplicità, tanto che perfino il sole sarà «oltraggioso» con la sua luce fissa e incurante.

Il libro di Nicolas Fargues, Vedrai (Nottetempo, 2012), è incentrato sul dolore, la narrazione coincide con l’elaborazione del lutto e la trama del romanzo si intesse di un’assenza imperiosa e asfissiante. Vedrai è un futuro reso impossibile da un passato inesorabile che fa del presente un’eterna rottura, è il ricordo di un tempo trascorso che sembra sprecato perché ormai inutile. Che senso hanno avuto i rimproveri se un bambino non fa in tempo ad affacciarsi al mondo che è già morto, di una morte atroce e «stupida»? Perché educarlo? Colin è perso tra le mura del suo appartamento, fra le scrivanie dell’ufficio, nelle cene con gli amici, imbottigliato nel traffico finché un pusher (molto, forse troppo, magnanimo) gli suggerisce di partire per il Burkina Faso dove una sorta di stregone potrà curare la sua anima. Il viaggio sarà così un lento ma nuovo e inimmaginabile ritorno, attraverso un romanzo di formazione straniante che racconta di un padre senza figli.

Nicolas Fargues ha una scrittura chirurgica che pagina dopo pagina invita il lettore lungo un cammino senza scappatoie, attraverso le sofferenze di un uomo che, lontano ormai da ogni premura formale, svela l’ipocrisia di una società bianca e borghese strutturata sul senso di colpa. Affrontando con uno sguardo tagliente i cardini del cosiddetto pensiero colto, lo scrittore ne svela i pregiudizi rovesciati e trasformati in un’apparente tolleranza. Il libro è da leggere senza interruzioni, assecondandone i percorsi tortuosi dove lo stile asciutto e lucido (ben restituito dalla traduttrice Benedetta Torrani) gioca con i contrari, regalando ai suoi lettori un romanzo emotivo, privo di ogni sentimentalismo.


(Nicolas Fargues, Vedrai, trad. di Benedetta Torrani, Nottetempo, 2012, pp. 187, euro 14)

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