“Il comandante e la cicogna” di Silvio Soldini

di / 19 ottobre 2012

Leo (Valerio Mastandrea) è un idraulico inarrestabile che si aggira per la città sul suo furgone in compagnia del socio Fiorenzo (Shi Yang), cinese ormai stabilmente trapiantato in Italia e controllato costantemente da una gelosissima fidanzata. Padre di due adolescenti diversamente complicati, Maddalena, sedicenne alla scoperta degli uomini, ed Elia, introverso esploratore che passa le sue giornate tra internet, libri, e l’incredibile amicizia con la cicogna del titolo, che tenta di mettere in riga con riunioni di famiglia minuziosamente verbalizzate, Leo è rimasto vedovo un’estate di cinque anni prima, ma la moglie Teresa (Claudia Gerini) non lo ha abbandonato e gli appare puntuale ogni notte alle quattro e due minuti. Si siedono sul divano, lei annusa la polvere di caffè dal barattolo, l’unica cosa che le manca realmente della vita, e parlano dei figli e di quell’Aldilà ben diverso da quello immaginato abitualmente, fatto di scioperi, graduatorie e divisioni per paesi e religioni.
Diana (Alba Rohrwacher) è un’artista sognatrice e sfortunata sempre alla ricerca di soldi per pagare l’affitto al bizzarro padrone di casa Amanzio (Giuseppe Battiston), castigatore di costumi e citazionista seriale. Per racimolare quanto le serve per coprire i debiti, Diana accetta di affrescare, rigorosamente in nero, la parete dello studio dell’avvocato Malaffano (Luca Zingaretti), esperto in scappatoie e sotterfugi per evitare ai propri clienti guai con fisco e giustizia.
Malaffano sarà proprio l’avvocato cui Leo si rivolgerà per far rimuovere da internet un video erotico amatoriale di cui la figlia è ignara protagonista. Nello studio, di fronte alla giungla affrescata cui Diana si dedica con frustrazione crescente, i due si conosceranno e qualcosa cambierà.
A otto anni di distanza da Agata e la tempesta, Silvio Soldini torna alla commedia con Il Comandante e la cicogna. Un ritorno leggero e fiabesco in cui recupera lo spirito incantato delle sue commedie migliori senza però dimenticare l’analisi dell’Italia contemporanea portata avanti nei più recenti Giorni e nuvole e Cosa voglio di più.
Sullo sfondo di una Torino che potrebbe essere una qualsiasi città del nord, in una mescolanza di dialetti che lascia lo spettatore senza gli abituali riferimenti (Mastandrea napoletano, Gerini genovese, credibilissimi), Soldini racconta le vicende di persone semplici, oneste al limite dell’ingenuità, che si trovano costrette dalla vita e dal bisogno a scendere a compromessi con l’Italia peggiore, quella degli affaristi, dei collusi e corrotti. In una contrapposizione eccessivamente semplice e priva di sfumature (i buoni sono buoni, sempre, i cattivi sempre cattivi e immediatamente antipatici) l’unica soluzione possibile per sollevare il Paese dalla palude in cui ogni giorno scivola di più è, secondo il film, appellarsi al passato, a quelle figure alte a cui sono stati eretti monumenti e dedicate strade e piazze, a quei Da Vinci, Verdi, Garibaldi e Leopardi che Soldini fa parlare per commentare con amarezza il degrado cui sono costretti ad assistere, immobili, dai loro piedistalli.
Muovendosi sul confine tra dolce e amaro, con incursioni in un surreale posticcio e colorato che può risultare irresistibile o stucchevole a seconda dei punti di vista, la sgangherata compagine di Soldini sfugge alla decadenza di un’Italia malata inseguendo obiettivi più semplici rispetto al guadagno e al potere, ma non per questo meno appaganti, come la famiglia, l’arte, l’educazione, o una cicogna ferita e persa da qualche parte nella Svizzera tedesca.
Ottima la prova di tutti gli attori, con cameo vocale di Pierfrancesco Favino, Neri Marcorè e Gigio Alberti nel ruolo delle statue. Mastandrea, tuttavia, spicca sugli altri per la misurata pazienza del suo Leo, padre affettuoso e pronto a tutto per i figli, che porta sul corpo, in un punto bianco sul sopracciglio destro, tutto il dolore e la fatica della perdita della moglie.

(Il comandante e la cicogna, regia di Silvio Soldini, 2012, commedia, 108’)

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