“Parigi. Un apprendistato” di Roger Caillois

di / 6 marzo 2013

Una raccolta di tre testi intorno Parigi, la scrittura e le dinamiche dell’ immaginazione, questo il libro di Caillois, Parigi un apprendistato, riproposto da Edizioni di Passaggio (2012). Parlare di opera composita sarebbe negare l’organicità che vincola in modo indissolubile le tre parti.

Nella prima, «Piccola guida del XV arrondissement ad uso dei fantasmi», partendo dalle passeggiate d’infanzia nel quartiere dove un tempo sorgeva l’antico villaggio di Grenelle, Caillos ci propone la riscoperta di una parte ormai scomparsa della capitale francese. Attraverso il suo sguardo da flâneur e uno stile idiosincratico, l’autore ci trascina in un viaggio fantastico che mostra, sebbene in filigrana, la propria formazione surrealista, lasciando al ricordo della città il compito di evocare se stessa trascendendo la propria immagine radicata. L’urbanistica, l’architettura, perfino i nomi dei locali o le affissioni pubblicitarie murali imprimono la direzione delle astrazioni: fantasmi che abitano in edifici piatti quasi costruiti a loro uso, e altre creature che sono, come in un negativo, complementari al mondo umano, dirigono l’immaginario dell’autore verso una scrittura autobiografica che risulta inscindibile dalle riflessioni introspettive su se stesso e sulle dinamiche della narrazione fantastica, siano esse consapevoli o inconsce.

L’occhio teso alle zone d’ombra della città, lì dove non sono puntati i riflettori, l’invisibile e l’anomalo indagati attraverso la memoria, sono le costanti che attraversano i tre scritti, il ganglio su cui l’autore fa leva per restituire una Parigi altra da quella proiettata sul sentore collettivo. Soprattutto nella prima e nella terza parte, intitolata «Apprendistato parigino», privilegiando l’immaginazione fantastica ci viene narrata una città scevra da ogni tipo di analisi storica e socio-culturale, in piena antitesi, stilistica oltre che tematica, rispetto alla Parigi dipinta dallo stesso autore nel saggio giovanile Parigi, mito moderno (1938).

Tuttavia, il discorso non si esaurisce in una rappresentazione eclettica della capitale francese. La stessa estenuante vicenda che accompagna la redazione del libro, ne forgia la forma definitiva, sembra farsi parte integrante dell’economia generale dell’opera. Nel secondo capitolo ad esempio, intitolato «Storia di una metamorfosi», è raccontata la trasformazione del testo in seguito alla scelta di una trasposizione cinematografica, e di come l’operazione d’adattamento e conseguente riscrittura sia stata per l’autore occasione per riflettere con più consapevolezza intorno al significato e le modalità del proprio lavoro.

Un libro, dunque, che può essere osservato da differenti angolazioni ad appagare diversi interessi. Come antesignano, per certi versi, delle moderne guide turistiche culturali; come riflessione sul fantastico da parte d’uno studioso che vi ha dedicato molte energie; come esperimento narrativo in cui si intersecano e sovrappongono differenti registri, rendendo a tratti sfuggevole la stessa figura dell’autore, dichiaratamente impegnato a «seminare nello spirito del lettore il dubbio iperbolico […] sulla continuità o l’identità di me stesso».

(Roger Caillois, Parigi. Un apprendistato, trad. e cura di Roberta Coglitore, Edizioni di Passaggio, 2012, pp. 192, euro 12)

    

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