“I pilastri della società” di Henrik Ibsen per la regia Gabriele Lavia

di / 12 dicembre 2013

All’indomani della prima nazionale sul palcoscenico de La Pergola di Firenze, I pilastri della società di Henrik Ibsen per la regia di Gabriele Lavia va in scena al Teatro Argentina di Roma. Redatto nel 1877 e molto rappresentato in Europa alla fine del secolo scorso, questo testo di sconvolgente attualità viene messo nuovamente in scena dopo un lungo periodo di misconoscimento – almeno da parte delle produzioni italiane – che data a più di cinquant’anni la sua ultima rappresentazione nazionale.

Il connubio tra ricchezza e potere è quanto viene in mente non appena la vetrata-sipario si solleva permettendo allo spettatore di dare un’occhiata all’interno della casa del console Bernick, pilastro di una società meschina, tentacolare, piena di occhi, ipocrita e corrotta di cui l’ingresso degli attori dalla sala ci rende membri onorari per effetto dello sfondamento della quarta parete. Ricchezza del personaggio, ma anche sontuosità della messa in scena che stupisce per l’imponente impianto scenografico di Alessandro Camera e i bellissimi costumi di Andrea Viotti.

Quindici anni di menzogne sono la base del potere economico e dell’influenza del console Bernick, vessillo di moralità, incarnazione del rigore. Menzogne che il caso o il destino vengono a rivelare proprio quando l’uomo simbolo si gioca il tutto per tutto nell’impresa di costruire la ferrovia che promette nuova linfa e ricchezza per la città. E alla fine ciò che dovrebbe trasparire dalle vicende narrate è «lo spirito della verità e della libertà», vero pilastro della società.

Eppure questo non accade. La riscrittura del finale genera un’inversione della morale ibseniana e il pubblico, trasformato nella folla festante riunita all’esterno di casa Benirck, di fronte al J’accuse del protagonista, un po’ iconografia del predellino un po’ discesa nell’arena della quotidiana umanità, è costretto ad ammettere che il vecchio detto per cui la classe dirigente è lo specchio della società è sempre attuale e veritiero.

Dina, Martha e Lona anticipano Nora e le istanze care a Ibsen dell’emancipazione femminile contro i lacci del buoncostume e i laccioli dell’amore, ma restano comunque sullo sfondo rispetto all’uomo-imprenditore, calvinista nel suo approccio al capitale, prefigurazione di Borkman, che, tra le altre riflessioni, ne induce una particolarmente scottante: vale la vita di un uomo più di quella della società in cui vive? Che grado di compromesso si può accettare per perseguire la visione del bene comune?

Testo magniloquente, di stampo classico, soffre della recitazione volutamente retorica del primo atto che, pur funzionale a mostrare l’effetto annichilente di una società moralmente oppressiva, allontana lo spettatore dalla scena al punto che, quando nel secondo atto il dramma invade il campo in maniera più scoperta e la recitazione si fa più autentica, sembra quasi di sentire la platea riscuotersi percorsa da un brivido elettrico.
 

I pilastri della società
di Henrik Ibsen
regia di Gabriele Lavia
traduzione di Franco Perrelli

con Gabriele Lavia
e con Massimiliano Aceti, Alessandro Baldinotti, Rosy Bonfiglio, Michele Demaria, Federica Di Martino, Camilla Semino Favro, Giulia Gallone, Viola Graziosi, Ludovica Apollonj Ghetti, Giovanna Guida, Andrea Macaluso, Mauro Mandolini, Graziano Piazza, Mario Pietramala, Clelia Piscitello, Giorgia Salari, Carlo Sciaccaluga


Prossime date:
Roma – Teatro Argentina dal 12 novembre al 20 dicembre;
Cesena – Teatro Bonci dal 13 al 16 febbraio 2014;
Torino – Teatro Carignano dal 18 febbraio al 2 marzo;
Genova – Teatro della corte dal 4 al 9 marzo;
Modena – Teatro Storchi dal 13 al 16 marzo;
Padova – Teatro Verdi dal 18 al 23 marzo;
Milano – Piccolo Teatro Strehler dal 25 marzo al 6 aprile.

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