“That’s (im)possible” di Cristò

di / 21 gennaio 2014

«Giocavano tutti nonostante tutto, anzi – direi – a causa di quel tutto che era niente. L’unica cosa che sapevamo è che era praticamente impossibile vincere e questo ci bastava. Non è la prima volta che succede nella storia. E poi c’era di mezzo l’infinito, l’universo, il superamento dei limiti, e c’erano soldi, una montagna di soldi, un numero preciso e bello e grande nel conto in banca, un numero che continuava a crescere settimana dopo settimana».

Pensate a un numero, qualsiasi numero da uno a infinito. Le possibilità di riuscire a indovinare quello vincente, il numero perfetto, sono pressappoco inesistenti.

Ma è questo il bello, la sfida con se stessi, con il caso, laddove anche il calcolo delle probabilità fallisce. That’s (im)possible di Cristò (Caratteri mobili, 2013) non è solo una lotteria su una piccola rete locale, è la speranza di sistemarsi, di sistemare intere generazioni, di non doversi più preoccupare del futuro, che importa se è palesemente impossibile vincere, basta solo questo per provare: «Era un infinito che la gente poteva capire, lo definirei pop, sì un infinito pop, non matematico, non filosofico. Non era l’abisso di logica dell’infinito attuale dei punti contenuti in una retta. Era un infinito con cui si poteva persino giocare, scommettere».

Un collage di prospettive, di testimonianze immaginarie e immaginate, raccolte in un racconto corale che esplora al limite del possibile i motivi che spingono una persona a partecipare a una trasmissione di cui ignora i retroscena e a consacrarla fenomeno mediatico mondiale.

Non solo quindi la Cart TV in Italia, ma la Svizzera, la Francia, la Spagna, l’Argentina, l’America, l’asse terrestre si è spostato sulla rete, nelle televisioni di tutto il mondo che simultaneamente ipnotizzano, promettono e non mantengono, provocano, vincono.

Il mondo inginocchiato davanti a un format parabola del postmoderno, dove Bruno Marinetti è il burattinaio silenzioso che muove i fili, il numero primo, l’ombra dietro alle estrazioni impenetrabili.

Cristò in That’s (im)possible esplora, senza denuncia, i meccanismi pandemici della società del consumismo, in cui il non sapere accresce l’audience e lo show arriva a diventare sinonimo di salvezza.

È un susseguirsi di interviste davanti a una telecamera, di voci fuori campo: giocatori accaniti, giornalisti iperattivi che riempiono pagine e pagine di rotocalchi, presentatori gonfi di gratitudine, filosofi diffidenti, astrologi esasperati e poi lui, Bruno Marinetti, immune al successo, agli incassi, alla spettacolarizzazione del suo prodotto. Marinetti ha un piano, e la lotteria è solo un mezzo per realizzarlo.

«Forse quella lotteria che avevo appena battezzato That’s (im)possible poteva essere qualcosa di più. Poteva essere la soluzione, la risposta, il significato».

E voi, qual è il numero più alto che riuscite a immaginare?
 

(Cristò, That’s (im)possible. Un racconto orale, Caratteri Mobili, 2013, pp. 74, euro 8)

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