“Molto rumore per nulla”, regia di Giancarlo Sepe

di / 23 gennaio 2014

La riscrittura di Giancarlo Sepe di Molto rumore per nulla di William Shakespeare è decisamente originale. Poiché si tratta di una delle opere più rappresentate del poeta inglese, il regista sceglie nella sua traduzione e nel suo adattamento, di rinnovarla cambiandone l’ambientazione. La presenta, per usare le sue parole, come una «versione gipsy in cui il luogo è la strada e la gente che recita è gente che vive la strada». Le vicende si svolgono all’interno della popolazione gitana, in un’atmosfera fresca e giocosa, con un ritmo veloce e mai monotono. I personaggi, come nella cultura gitana, passano insieme la loro giornata e condividono qualsiasi esperienza. Li vediamo, quindi, mentre ridono, ballano, cantano, cucinano, vivono insieme la loro quotidianità.

Molto rumore per nulla è una pièce corale, in cui attorno alle due storie d’amore – il giovane conte Claudio si innamora di Hero e Benedetto di sua cugina Beatrice – ruotano numerosi personaggi come fossero una grande famiglia composta dagli elementi più disparati, i buoni e i cattivi, gli invidiosi e gli amici sinceri, i più giovani e il vecchio saggio capostipite. Questo aspetto del testo è rafforzato dalle scelte della regia: i personaggi sono quasi sempre tutti in scena e spesso si creano momenti che ricordano il calore degli anziani che si riuniscono per raccontare ai più giovani storie e leggende.

I popoli nomadi sono spesso un insieme di etnie e quindi nello spettacolo di Sepe si sentono diversi accenti, dal siciliano al napoletano all’emiliano, ripercorrendo i molti dialetti italiani; inoltre si sottolinea l’importanza della tradizione e della memoria collettiva con numerosi canti popolari.

All’interno di una scenografia che richiama un tipico accampamento gipsy, uno spazio aperto allestito con poche sedie e pezzi di vecchia mobilia, la recitazione è movimentata da musiche e balli tipici. La vivacità è data anche dai costumi zingareschi, coloratissimi ed eccessivamente estrosi. All’ambiente malmesso e disordinato corrisponde un linguaggio informale e molto colorito.

Teoricamente tragicommedia – la vicenda della finta morte di Hero, a seguito del disonore subito, crea dei momenti di dramma – la versione di Sepe è una divertente commedia. Quello che manca, forse, è una chiave di lettura finale: a parte la volontà di fare qualcosa di nuovo, si apprezza l’allegria generale ma non si capiscono le motivazioni di questa particolare ambientazione.

Lo spettacolo è impreziosito dalla bravura degli attori e, su tutti, spicca Francesca Inaudi. Siamo abituati a vederla sul piccolo schermo, in una serie Tv leggera e scanzonata, ma Francesca ha iniziato proprio dal teatro, con il diploma alla scuola del Piccolo di Milano, diretto in quel periodo da Giorgio Strehler e, sul palco dell’Eliseo, è perfetta. La sua Beatrice è spavalda, coraggiosa, affascinante, arguta e vitale; come nel testo shakespeariano, viene ben accompagnata da Benedetto (Giovanni Scifoni), altrettanto acuto, attraente e sicuro di sé.

Tra musica, dialoghi brillanti e battibecchi amorosi, un paio d’ore scorrono veloci e non c’è spazio per noia o distrazione.

 

Molto rumore per nulla
di William Shakespeare
regia di Giancarlo Sepe
traduzione e adattamento di Giancarlo Sepe
Con Francesca Inaudi, Giovanni Scifoni
e con Pino Tufillaro, Daniele Monterosi, Lucia Bianchi, Mauro Bernardi, Daniele Pilli, Valentina Gristina, Claudia Tosoni, Camillo Ventola, Fabio Angeloni, Leandro Amato

Roma – Teatro Eliseo, dall’8 gennaio al 26 gennaio 2014 

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