“La mutazione” di Sebastiano Nata

di / 21 aprile 2014

Di uomini devoti alla propria carriera ne è pieno il mondo, compreso quello del cinema: l’ultimo esempio ce l’ha dato The Wolf of Wall Street, dove Di Caprio interpreta l’uomo più influente del momento intento a scalare la vetta fino a perdere amici e famiglia in nome del dio denaro.
La mutazione (Barney Edizioni, 2014) è un romanzo in cui a farla da padrone sono le riflessioni di Giovanni Breni, manager datato della Self Inn, che attende l’ennesima, importante e imperdibile conferenza aziendale, nella sua stanza di albergo a Miami.

Che il denaro che non vada d’accordo con la vita privata è un principio che risale all’alba dei tempi, ed è presente in tutte quelle storie in cui il successo rende l’uomo solo e miserabile, destinato alla ricchezza materiale ma inesorabilmente privato di quella affettiva, nel momento in cui sceglie di correre la vita in solitaria cercando di raggiungere un obiettivo ambizioso che costa lacrime e sudore.
Dietro le sbarre della sua gabbia dorata nel Fontainebleau di Miami, il manager Breni, stanco e deluso, tira le somme di quello che è stato il suo percorso professionale, in parallelo con la sua vita: una vita che dà tanto e tanto toglie e, per ogni successo, segna una frattura o una perdita, che siano i figli, la ex moglie o la relazione con una nuova donna.

Il manager non è più un uomo ma una macchina specializzata nel produrre soldi e di umano ha soltanto le doti comunicative, che funzionano bene in giacca e cravatta ma fruttano poco nei panni di marito e genitore. Nel caso di Giovanni Breni non si parla di un uomo ambizioso e senza cuore come vorrebbe il più gettonato tra i cliché, bensì di un uomo con debolezze evidenti che ha provato a tenere uniti i pezzi e ha capito di non poter essere il collante di se stesso; nella notte passata a guardare in faccia la sua solitudine si arrampica sul vertice della piramide chiamata Self Inn e dall’alto osserva una landa di relitti che lui stesso ha creato e poi si è lasciato alle spalle.

La salvezza non può arrivare dall’esterno ma solo da dentro, dai ricordi dei momenti felici collezionati durante la corsa sfrenata alla realizzazione personale, durante quei tratti in cui il manager era ancora uomo e ogni tanto si fermava a riprendere fiato invece di guardare solo davanti a sé.
Sebastiano Nata ci introduce direttamente nella testa del protagonista usando una narrazione spicciola, intima, e grazie a una caratterizzazione che permette al lettore medio di entrare nel dramma di Giovanni come se ne fosse parte; non siamo anche noi perennemente insoddisfatti, nervosi e infelici quando il poco tempo di cui disponiamo passa in secondo piano rispetto al dovere? Aldilà del successo professionale, non siamo anche noi degli automi che escono di casa al mattino per tornarci stanchi alla sera?
E in mezzo, quel poco che c’è, va vissuto e custodito come un tesoro prezioso, va curato come un giardino zen. Perché è l’unica cosa in grado di confortarci, quando dopo la salita ad attenderci ci sarà l’inevitabile, ripida discesa.

(Sebastiano Nata, La mutazione, Barney Edizioni, 2014, pp 99, euro 13,50)
 

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