“La vita sobria. Racconti ubriachi” di AA.VV.

Racconti in equilibrio fra ebbrezza creativa e dipendenza autodistruttiva

di / 14 gennaio 2015

Cin cin. È tempo di brindisi e bollicine.

Si beve molto durante le feste o quando si deve celebrare qualche ricorrenza o un successo raggiunto, ma si beve anche per il solo piacere di farlo o per terminare una deliziosa cena.

D’altra parte si beve però anche per cercare di ricacciare giù quel groviglio psichico oscuro e irrisolto che ci opprime e ci rende la vita infelice, esito necessario di un’inquietudine angosciosa che non ha pause, o semplicemente perché si potrebbe avere tutto ma ci si annoia.

Litri di birra, vinacci dozzinali, Martini, bourbon, Shiraz rosso, liquori e Margaux Chateau Palmer scorrono a fiumi nelle storie che compongono la raccolta curata da Graziano Dell’Anna per Neo Edizioni, La vita sobria. Racconti ubriachi. Racconti aspri, corposi, di sapiente agglomerazione di autori emergenti: Claudia Durastanti, Gianni Solla, Fabio Viola, Alessandro Turati, Francesco Pacifico, Olivia Corio, Dario Falconi, Paolo Zardi, Stefano Sgambati e Filippo Tuena.

In letteratura il connubio alcol/scrittura da sempre si è retto sul precario equilibrio fra ebbrezza creativa e dipendenza autodistruttiva. L’alcol come reagente in grado di dischiudere alla coscienza dimensioni inaudite dove attingere ad un più altro grado di conoscenza e d’arte, ma al tempo stesso segnale di un disagio esistenziale frutto di un’eccessiva sensibilità.

«Scrivi da ubriaco; correggi da sobrio», era il motto di Hemingway, così come Cheever affermava che «L’eccitazione data dall’alcol e quella data dalla fantasia sono molto simili».

Fernanda Pivano, traduttrice degli americani, si stupiva che «degli otto americani insigniti del Premio Nobel cinque erano alcolizzati; conosciamo tutti almeno qualcuna delle avventure di William Faulkner, Ernest Hamingway, Eugene O’Neill, Sinclair Lewis e John Steinbeck». A questi si potrebbero aggiungere altri scrittori che non furono insigniti del Nobel ma che soggiacquero in fatto di ispirazione al dio Bacco: Williams, Carver, Cheever, Berryman, Fitzgerald, Jack London, Truman Capote, Raymond Chandler, Roberto Bolaṅo e naturalmente Charles Bukowski, il cui segreto era «una pinta di whisky e due confezioni da sei di birra tutte le sere mentre scrivevo».

In La vita sobria, affogano nell’alcol i loro dispiaceri, i loro fallimenti o le loro incertezze coppie in crisi, famiglie disfunzionali, infanzie rubate e lavoratori precari. Ce n’è per tutti i gusti alcolici.

Claudia Durastanti in “Jet Lag” ci racconta la solitudine insopportabile nella vita sovraesposta e sovraffollata di una rockstar che ricorda come il suo primo viaggio in aereo a quattro mesi concise con la conoscenza della “fata verde” dei poeti maledetti: «Mia madre aveva allungato il latte col bourbon, la mia riluttanza al pianto era chimicamente indotta».

Poi c’è Greta, protagonista del racconto di Olivia Corio, “Il guscio vuoto”, alle prese con una madre depressa e sconclusionata e con gli amici di lei, il «popolino dell’aperitivo» che odiava profondamente: «Sua madre quando c’era gente non capiva più nulla, rideva e beveva senza alcuna forma di contegno e quando parlava era come se avesse un apparecchio in bocca e le consonanti suonavano come viscide lumache». Greta è stanca, vorrebbe essere solo quello che è, una ragazzina: «Greta sapeva stare al mondo perché aveva una madre bambina a cui doveva ricordare di portare l’ombrello se pioveva, il bavaglino per la mensa, il bollettino della rata pagata, la liberatoria per la gita, le ricette mediche per le bombe che prendeva in farmacia».

E ancora c’è l’eterno fidanzato lasciato a un passo dall’altare di Paolo Zardi in “L’amore reclinato”, che misura il suo dolore con l’etilometro alla ricerca della atarassia: «In poco tempo aveva scoperto che esisteva la felicità, esisteva l’infelicità, e poi esisteva il contrario di entrambe, un limbo limaccioso e lentissimo dove nulla era bello e nulla ti feriva».

Un paio di birrette possono invece fare da reagente incendiario ed esasperare la pornolalia di una coppia romana in “Gli eroi perfetti”di Fabio Viola.

Non mancano racconti grotteschi e divertenti a loro modo come quello di Alessandro Turati, “Sogni andati a male”.

La vita sobria è tanto altro ancora. Spetta al lettore sommelier, al termine della degustazione, premiare il suo preferito, l’autore che ha saputo meglio registrare le aritmie di vite spente e inconcludenti.

Ciò che ne emerge è senza dubbio un quadro desolante della società, di una generazione affaticata dal vivere che cerca rifugio in paradisi lisergici o etilici ad alto tasso di obnubilamento della coscienza. Si beve in fondo anche per dimenticare.

(AA.VV., La vita sobria. Racconti ubriachi, Neo Edizioni, 2014, pp. 160, euro 13)

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