“Endkadenz Vol. 1” dei Verdena

Dopo quattro anni tornano i Verdena

di / 6 febbraio 2015

I Verdena sono, probabilmente, l’unico gruppo in Italia che può fare quello che vuole. A quattro anni dalla scelta concettualmente anti commerciale del doppio cd WOW – ma, paradossalmente, commerciale da un punto di vista pratico: secondo posto nella classifica FIMI dopo la prima settimana dall’uscita dell’album –, il gruppo di Albino torna con Endkadenz Vol. 1, a cui seguirà nel corso dell’anno Endkadenz Vol.2.
Anche ora, trovare un altro gruppo italiano, soprattutto in questo momento storico, che abbia il coraggio e la possibilità di far uscire un unico lavoro in due album è un’impresa ardua.

L’idea di Endkadenz ha radici nella musica di Mauricio Kagel, compositore argentino contemporaneo. I suoi spartiti sono scritti sempre allo stesso modo: il timpanista, dopo l’ultimo colpo, deve sfondare con la testa le pelli del tamburo e rimanerci per una decina di minuti. «È l’ultimo guizzo del concerto, il finale con il botto». Ci troviamo già in una posizione difficile nei confronti di quest’album.

Come traslare l’Endkadenz in Endkadenz Vol. 1? Da quale punto di vista? Strumentale? Narrativo? Testuale? La risposta, se ce n’è una, è parziale – dovuta al fatto che ci troviamo di fronte a metà del lavoro –, vaga e potrebbe trovarsi in un territorio altro da quello del significato: quello del significante. Quasi una questione di immagine della parola e, conseguentemente, fonetica, di suono. È noto che il tipo di approccio alla composizione dei testi di Alberto Ferrari sia poco ortodosso: si inizia con una melodia in inglese sulla quale in un secondo momento si trovano parole italiane che si possano incastrare bene nella metrica e nell’architettura del brano (modo di fare che ha dato origine nel corso degli anni a due modi di pensare il modo di fare dei Verdena: una che ne esalta le doti, facendo pensare alla creazione di una nuova lingua per la musica; l’altra, una furbata per mascherare un’incapacità di fondo nella stesura di un testo).

In maniera differente, ma probabilmente con lo stesso spirito – legato anche all’idea di guizzo e di conseguenza di libertà –, la parola Endkadenz può rimandare a Endkadenz Vol. 1: complessità, straniamento, l’essere intelligibile. Tutte caratteristiche che, e qui non ci sono dubbi, appartengono a questo lavoro.

Endkadenz Vol. 1 è cupo e ha al suo interno elementi di WOW e di Requiem. Non ne è una sintesi, ma partendo dal loro passato recente, i Verdena battono una nuova strada dove poi far camminare i Verdena dei prossimi anni. Non è una novità: da Il suicidio dei Samurai in poi il trio ha sempre provato a stravolgersi, senza però perdere la propria identità.
Enkadenz Vol. 1 è un album pop, power pop, rock, grunge, stoner. Ma c’è anche Battisti, ci sono i Queen e gli Smashing Pumpkins. La voce di Alberto Ferrari è costantemente distorta, mischiata alle chitarre, al basso, alla batteria e ai synth alieni, come a farne un ulteriore strumento che non si eleva dal resto, e che legata all’idea estrema di lingua priva di significato – almeno razionale, almeno apparente – aggiunge forza, caratterizzando tutto il discorso strumentale. Per assurdo, con i dovuti distinguo, volendo sposare una dei due modi di intendere i Verdena citati prima, una sorta di Hopelandic arrabbiato e filtrato da fuzz e overdrive.

Dalla splendida “Ho una fissa”, passando per il singolo che ha anticipato l’uscita dell’album “Un po’ esageri”, al piano (per la prima volta un pianoforte vero) di “Diluvio”, una ballata che muta in un walzer ansiolitico, alle distorsioni e al tempo doom di “Inno del perdersi”, fino a “Funeralus”, forse il brano più ispirato di tutti, ci troviamo a che fare con un’opera complessa e coraggiosa.
Endkadenz Vol.1 è un album musicalmente fenomenale, muscolare, massiccio; pieno di stravolgimenti, cambi di tempo e di stili all’interno degli stessi brani che lo rendono fortemente concreto e insieme sfuggente.

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LA CRITICA

Dopo quattro anni da WOW, i Verdena tornano con Endkadenz Vol. 1, confermandosi probabilmente come rock band più importante in Italia, in quanto capaci di coniugare capacità artistiche sopra la media e numeri di vendite importanti. In attesa del secondo episodio, nonostante sia ancora febbraio, uno degli album italiani dell’anno.

VOTO

8/10

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