“Lettere di uno sconosciuto” di Zhang Yimou

La Cina della Rivoluzione Culturale e un amore che perde la memoria

di / 24 marzo 2015

Un marito e una moglie non si vedono da più di dieci anni, da quando lui è stato spedito lontano da casa perché ritenuto un personaggio scomodo dal regime. Siamo nella Cina degli ultimi anni della Grande Rivoluzione Culturale, la grande manovra promossa da Mao Tse Tung per fermare le spinte controriformiste che animavano il partito comunista cinese e l’intero paese e tornare all’ortodossia marxista-leninista. Lu, il marito, in quanto intellettuale è ritenuto una minaccia per il sistema. Rimasta sola, la moglie Feng cerca di far crescere al meglio la figlia Dan Dan soffrendo in silenzio per il marito lontano ogni giorno e continuando a non mettersi in mostra con i responsabili del partito che la controllano. Dan Dan è una danzatrice ed è molto più affezionata alla politica di quanto lo sia al padre, mai visto dopo i tre anni di età. Quando Lu riesce a scappare dal campo di lavoro e a fare ritorno a casa, è la ragazza a denunciarlo e a farlo riassestare nella speranza di ottenere il ruolo da protagonista in uno spettacolo. Passano tre anni, la Rivoluzione finisce e Lu viene “riabilitato”: può tornare a casa. Quando arriva alla stazione trova solo Dan Dan ad aspettarlo. Feng è a casa, ignora che sia tornato. Ha subito un forte trauma emotivo che gli ha causato un’amnesia psicogena per cui non è più in grado di riconoscere il volto del marito. Lu cerca quindi un modo per starle a fianco, leggendole le lettere che le aveva inviato negli anni di prigionia e che non le aveva mai potuto spedire.

Dopo il cinema epico e colossale degli ultimi anni – dal 2002 di Hero fino a I fiori della guerra del 2011, tra i film più costosi della storia del cinema cinese con l’ambizioso coinvolgimento di una star di Hollywood come Christian Bale –Zhang Yimou è tornato con Lettere di uno sconosciuto a un cinema più intimo e raccolto vicino ai primi momenti del suo cinema. La Rivoluzione Culturale come sfondo di una storia d’amore era già al centro di Shan ha su zhi lian (Under the Hawtorn Tree, inedito in Italia) del 2010. Se lì però ad essere centrale era il rapporto tra due giovani che si conoscevano e innamoravano per colpa (o grazie) ai programmi di “rieducazione” del partito comunista, in Lettere di uno sconosciuto  sono invece gli aspetti che una separazione forzata ha su una famiglia ad essere centrali.

Zhang Yimou è stato accusato spesso di servire il governo autoritario cinese con il suo cinema, senza sbilanciarsi mai in critiche ma godendo anzi di ampie concessioni finanziarie per realizzare i suoi film. Anche per Lettere di uno sconosciuto, al momento della presentazione fuori concorso al Festival de Cannes dello scorso anno non sono mancati i commenti di quanti avevano trovato il film troppo indulgente nei confronti della Rivoluzione Culturale, senza una vera problematizzazione del confino imposto dal Partito a Lu e a molti altri dissidenti.

In verità, una lettura politica appare possibile ed evidente tra le righe del sentimento. L’incapacità di Feng di riconoscere il volto del marito è l’incapacità di un intero paese di guardare in faccia il proprio passato e il segno simbolico del potere del regime sulle coscienze degli individui, condizionati al punto di non potersi più riconoscere in ciò che non sia ritenuto giusto.

Andando, però, oltre l’eventuale critica o assenza di critica, Lettere di uno sconosciuto è soprattutto un film di sentimenti forti. A Zhang Yimou non importano gli aspetti storico politici se non nella misura in cui possono essere funzionali alla costruire la trama sentimentale. Centrale in tutto il film è il tema della potenza del sentimento tra due persone in grado di sopravvivere anche alla sua impossibilità. Lu rimane ad assistere la moglie anche senza essere riconosciuto, dopo aver aspettato di tornare da lei per tutti gli anni della prigionia. Feng, bloccata nella memoria e nelle espressioni dalla malattia, aspetta ogni cinque del mese per andare alla stazione ad attendere il marito che torni, senza potersi rendere conto di averlo già a fianco a sé.

Nella ricerca di un coinvolgimento emotivo del pubblico, Yimou esagera sul pedale della emotività e del melodramma. Con una recitazione dei suoi interpreti (Gong Li, ritrovata dieci anni dopo La città proibita, e Chen DaoMing) tutta sulla sottrazione e la misura delle espressioni, Lettere di uno sconosciuto finisce per appiattirsi in una struttura fredda e retorica che non centra l’obiettivo della leva sentimentale. Sarebbero più di uno i momenti di presa sugli spettatori (quando Lu finge di essere l’accordatore del pianoforte, per dire), ma c’è da dire che la regia di Zhang Yimou non aiuta a generare partecipazione. Dopo una prima parte dinamica e a tratti veloce, in cui non mancano suggestioni da film di spionaggio con Lu fuggitivo che si nasconde tra la pioggia e la sporcizia dalla giustizia e cerca di tornare a casa, nella seconda parte in cui il sentimento non è ostacolato da altro se non la malattia della moglie prevalgono interni ripetitivi e stanchi, e Yimou si limita a dirigere i dialoghi senza alcun guizzo, con un’approssimazione lontana dai momenti migliori che sembra coniugare l’impianto puramente teatrale del film con una messa in scena che sa di televisione molto più che di grande cinema.

(Lettere di uno sconosciuto, di Zhang Yimou, 2014, drammatico, 111’)

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LA CRITICA

Sfruttando la traccia storica della Rivoluzione Culturale cinese Zhang Yimou prova a costruire un melodramma di forte presa emotiva. Il risultato, però, è un film freddo e patinato, che sa molto più di televisione che di grande cinema.

VOTO

5,5/10

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