“La scelta”
di Michele Placido

Una coppia si confronta con una scelta impossibile

di / 3 aprile 2015

Laura e Giorgio si amano, stanno bene insieme, sono contenti dei loro lavori, dei loro amici, dei loro parenti, ma non hanno figli. Ci provano, ma non arrivano. Un giorno, il giorno del suo compleanno, Laura viene aggredita mentre torna a casa dal marito. Sparisce per tre ore. Quando viene ritrovata da un maresciallo dei carabinieri è piena di lividi, ma non dice cosa sia successo. Non lo dice a nessuno, neanche a Giorgio quando torna a casa, non si fa visitare da un medico, non sporge denuncia. La sua reazione è opposta a quella che tutti si aspettano. Diventa sessualmente aggressiva con il marito, è piena di idee e di voglia di fare. Passano le settimane e un giorno annuncia a Giorgio di essere incinta. Per Laura è solo gioia, mentre in Giorgio si fa spazio sempre più il dubbio di poter non essere lui il padre del bambino e di dover crescere il figlio di una violenza.

Quando L’innesto, il dramma di Luigi Pirandello a cui Michele Placido si è ispirato per La scelta, andò in scena per la prima volta nel 1919 suscitò non poco scandalo, come era inevitabile. Era un’opera decisamente in anticipo sui tempi per il modo in cui affrontava il tema della maternità, della violenza e dell’aborto. Oggi, a quasi cento anni di distanza, c’è una maggiore consapevolezza delle tematiche sessuali, più libertà e, quindi, molto meno scandalo, ma quello di La scelta, fra tenere o abortire un figlio che potrebbe essere il frutto di una violenza, è un tema che può essere ancora di dolorosa attualità, se trattato con la dovuta sensibilità.

Michele Placido, che è stato un grande attore prima che si mettesse in testa di essere un autore, decisamente non ha la sensibilità che ci vuole. Le sue incursioni nel cinema drammatico sono state spesso fallimentari. Il suo precedente confronto con Pirandello sul grande schermo (nel 2004 con Ovunque sei, ispirato alla commedia breve All’uscita) ha rasentato il catastrofico, passando agli onori delle cronache più per l’aspra contestazione alla Mostra di Venezia che per qualsiasi merito artistico. Con La scelta conferma di avere concrete difficoltà nel confrontarsi con il registro drammatico, arrivando molto spesso al confine del ridicolo quando tenta di essere intimista e tragico.

È intatti nel momento della violenza, nel momento quindi della rottura drammatica della normalità di Laura e Giorgio, che La scelta precipita. Fino al giorno del compleanno tutto va bene, nel film come nella vita dei protagonisti. Grandi risate, amore, la solarità di Bisceglie. Poi c’è la svolta. Dopo l’aggressione la serenità della vita di coppia, gli equilibri e i rapporti, crollano in improbabili psicologie e reazioni e si trascinano appresso tutto. Marito e moglie, interpretati goffamente da Raul Bova e Ambra Angiolini, del tutto inadatti al ruolo, sussurrano litigi dandosi le spalle, fanno considerazioni sull’amore e l’esistenza che neanche Malick in To the Wonder, si inseguono, alzano le mani, si accoppiano, scambiano dialoghi improponibili, sbigottiscono, passano dal riso al pianto con isterica velocità. Intorno a loro i personaggi secondari spariscono e riappaiono senza criterio e senza struttura. C’è una sorella, Valeria Solarino, che vive inutilmente con due uomini tanto per far vedere che anche Placido è moderno e in grado di scandalizzare (ma chi?), una madre che ogni tanto urla, un collega di Laura che potrebbe diventare amante, ma sono tutti involucri vuoti, figurine. L’unico personaggio al di fuori della coppia a cui è dedicata un minimo di attenzione di scrittura è il maresciallo che soccorre Laura, interpretato da Placido stesso che si riserva il ruolo di custode e guida silenziosa e morale, di accompagnatore della coppia nel dramma.

Si può riflettere sul senso della scelta, oggi di riproporre in una chiave moderna e in un linguaggio diverso un testo come L’innesto e le sue tematiche. I tempi sono cambiati in tante cose, dalla dimensione sociale della donna all’idea della famiglia tradizionale, ma Placido e Giulia Calanda in sceneggiatura hanno tralasciato, o meglio banalizzato in considerazioni di passaggio, qualsiasi discussione di carattere sociale, qualsiasi confronto con il mondo esterno che possa giudicare la condizione di Laura e il suo dramma. Viene riportata – quasi – alla lettera una battuta di Pirandello: «la donna dopo tanti anni, se non si hanno figli, si guasta. E anche l’uomo si guasta», che riconduce tutto all’intimità, al compito principale dell’essere umano nel mondo: la riproduzione. Anche Pirandello, del resto, si concentrava nel suo testo sul momento privato di quello che aveva definito addirittura innesto, riprendendo un linguaggio di natura botanica, ma introduceva personaggi come il dottor Romeri che portavano riflessioni morali sulle possibilità delle scelte della coppia. Il «delirio maternale» di Pirandello ricordato da Placido, cioè quella voglia primitiva di diventare madre a ogni costo oltre il pregiudizio sociale e il dolore del trauma, si appiattisce piuttosto in delirio puro e semplice in La scelta. Delirio di banalizzazione, di approssimazione, di eccesso di confidenza di un regista che non riesce a riconoscere i propri limiti e continua, anzi, a spingersi sempre più in là, perdendosi.

(La scelta, di Michele Placido, 2015, drammatico, 90’)

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LA CRITICA

Undici anni dopo Ovunque sei Michele Placido torna a omaggiare, diciamo così, Luigi Pirandello con un dramma su un tema non più scabroso ma ancora fortemente attuale. Il risultato è molto al di sotto delle pretese del regista, che dimostra ancora una volta di non essere in grado di gestire il registro drammatico.

VOTO

4/10

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