“Giovani si diventa”
di Noah Baumbach

Confronto di generazioni in una New York alla Woody Allen

di / 30 giugno 2015

Josh è un regista di documentari che aveva avuto un certo successo di critica con i suoi primi lavori. Arrivato alla maturità si è arenato in un progetto a cui lavora da sei anni e a cui lui per primo non sa che direzione dare. C’è lo spettro del suocero che gli pesa sulle spalle, grande documentarista e un tempo suo mentore, da cui vuole trovare il coraggio definitivo di emanciparsi. Sua moglie Cornelia è con lui. Non è solo il film incompiuto a perseguitarli. Arrivati oltre i quaranta c’è un senso di inattuato che appesantisce gli anni che hanno passato insieme. Quando conoscono i giovani Jamie e Darby, hipster metropolitani dalla vita frenetica, mettono in discussione tutto quello che sono alla ricerca di un ultimo momento di giovinezza.

C’è molto del Woody Allen più ispirato in Giovani si diventa, ultimo lavoro di Noah Baumbach, regista indipendente tra i più apprezzati del cinema statunitense contemporaneo. C’è New York, ci sono giovani intellettuali, artisti e creativi, ci sono molti dialoghi. Cambia la portata dei discorsi. Baumbach si concentra molto di più su aspetti globali, di intere generazioni davanti ai cambiamenti. Quello tra Josh-Cornelia e Jamie-Darby altro non è che un confronto di figli di epoche diverse, tra quarantenni che non sono ancora adulti, senza figli da crescere e senza le preoccupazioni proprie dei loro coetanei, e venti-trentenni che affrontano l’oggi con un approccio molto più sereno e liquido, capaci di adattarsi a quello che hanno davanti e di prendere tutto quello che possa finire per rivelarsi utile per loro.

L’illusione di Josh e Cornelia è quella di non essere arrivati alla maturità triste che attribuiscono ai loro amici, fatta solo di chiacchiere sui neonati e feste noiose di vino e parole, e di poter avere qualcosa ancora da provare e da dire. L’amicizia con i giovani li carica di nuove energie anche per il quotidiano, per loro stessi. Attraverso Jamie e Darby iniziano a vedere con occhi nuovi tutto quello che avevano sempre avuto davanti, ad apprezzare i dettagli di quella cultura popolare che ai loro tempi doveva essere ritenuta inferiore e che adesso per gli hipster è diventata centrale. La semplicità con cui la giovane coppia va incontro alla vita dà agli altri due la sensazione che tutto si possa ancora cambiare. Soprattutto Josh – bloccato nel suo documentario che è un ibrido confuso di denuncia politica, economica e storica, con un professore niente affatto telegenico che pontifica per più di sei ore di montato spaziando su tutto, dalle guerre del Golfo alla Turchia – trova in Jamie, anche lui documentarista, o almeno aspirante tale, quel confronto che aveva sempre cercato per il suo lavoro, anche se poi non è il tipo di confronto che pensava di voler avere davanti

Giovani si diventa è probabilmente il film in cui Baumbach esplicita più che mai il suo debito nei confronti di Allen, in particolare di Crimini e misfatti di cui riprende più di un elemento, dal documentario incompiuto a quella tensione verso il giallo che in Baumbach assume però un connotato puramente ideologico, di principi e di morale molto più che criminale. Dopo aver già lavorato insieme nel 2010 in Lo stravagante mondo di Greenberg, Baumbach ha richiamato Ben Stiller per costruire insieme il nevrotico e fragile Josh. È una delle interpretazioni migliori di Stiller, che in carriera ha dimostrato spesso di non essere solo un interprete di commedie (anche il suo ultimo lavoro da regista, I sogni segreti di Walter Mitty, aveva confermato una certa sensibilità). Accanto a lui, è soprattutto Adam Driver a contendergli il centro della scena, mentre dopo il potente ritratto al femminile di Frances Ha, Baumbach ha lasciato  Naomi Watts e Amanda Seyfrid a fare da semplice contorno ai due maschi.

(Giovani si diventa, di Noah Baumbach, 2014, commedia, 97’)

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LA CRITICA

New York, un mondo intellettuale di conversazioni brillanti e rivalità. Noah Baumbach, esponente di punta del cinema indipendente Usa, rende più esplicito che mai il suo debito verso Woody Allen portando il modello nello spazio nuovo del confronto generazionale.

VOTO

7,5/10

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