“Il libro della giungla”
di Jon Favreau

Da capolavoro a capolavoro

di / 15 aprile 2016

Il libro della giungla poster Flanerí

Sono passati ormai cinquant’anni da Il libro della giungla, il diciannovesimo classico di animazione della Disney diretto da Wolfgang Reitherman partendo dall’opera dello scrittore britannico Rudyard Kipling. Fu l’ultimo film prodotto da Walt Disney, che morì nella fase finale della lavorazione. Sembra giusto, quindi, che quello che è senza dubbio il miglior film della nuova era “live action” Disney sia il rifacimento dell’ultimo titolo a cui lavorò il fondatore.

Dopo Maleficent e Cenerentola, in attesa di La bella e la bestia e Peter Pan, è Il libro della giungla a ricevere la trasformazione in live action. Certo, si tratta di un live action molto relativo. Di fatto, siamo di fronte a un film di sontuosa e iperrealistica animazione digitale con una presenza umana minima, una specie di Chi ha incastrato Roger Rabbit? al contrario. La trama si discosta poco dal classico Disney e dal libro di Kipling. Mowgli è un cucciolo d’uomo trovato ancora piccolissimo dalla pantera Bagheera. Viene cresciuto dalla lupa Raksha del branco di Akela. La spietata tigre Shere Kahn, però, non vuole che l’uomo viva nella giungla e ne ordina la messa al bando. Mowgli deve scappare dal suo gruppo per tornare nel villaggio degli uomini. Sulla sua strada incontra l’orso Baloo, affina il suo ingegno d’uomo e il suo senso di appartenenza al branco.

La novità più importante di questo nuovo Il libro della giungla è il ruolo dell’elemento umano all’interno dell’evoluzione della trama. Mowgli, geneticamente incapace di essere come un lupo, cerca di porre rimedio alle sue mancanze attraverso l’inventiva, ricorrendo a quelli che Bagheera e i lupi del branco definiscono “trucchi”, come un guscio legato a una corda da usare come secchio. Nella giungla non ci sono trucchi, nessuno li sa usare. Se Mowgli vuole vivere tra gli animali deve rinunciare alle sue capacità umane e cavarsela con quello che ha a disposizione. Anche perché i trucchi dell’uomo possono essere pericolosi, come il fuoco, il «fiore rosso» che porta distruzione e morte. Shere Kahn non si oppone a Mowgli perché è un umano: si oppone alla sua presenza perché può costituire una minaccia, perché l’uomo può essere una minaccia per la natura, di cui non conosce le regole e a cui non sa adattarsi senza distruzione. C’è un messaggio di ambientalismo discreto nella ferocia della tigre, di rifiuto delle trasformazioni della modernità.

Per il resto, Il libro della giungla si conferma fedele al modello a cartoni animati, anzi in alcuni momenti lo omaggia platealmente, introducendo per la prima volta nei film live action Disney degli intermezzi musicali che riprendono proprio il cartoon. È comunque un film più adulto, più cupo anche nel suo messaggio. Il racconto di formazione di Mowgli si apre alla scoperta della propria natura e di come poterla utilizzare al meglio. È l’incontro con l’orso Baloo e la sua pigra saggezza a far capire al cucciolo d’uomo come il suo essere umano possa e debba essere una risorsa nel mondo animale. Il branco si contrappone all’individualità, Bagheera si contrappone a Baloo come maestro, ma la strada da seguire è quella dell’unità.

Jon Favreau, l’inventore dell’Iron Man cinematografico, ha sempre unito nel suo cinema la capacità di fare spettacolo e di riflettere, soprattutto sul tema della crescita e del cambiamento. Non gli è sempre andata benissimo in termini di botteghino. Cowboy & Aliens è stato un mezzo disastro, Chef, raffinata commedia vicina al cinema indie, è passata praticamente inosservata. Con Il libro della giungla ha fatto qualcosa di simile a James Cameron con Avatar, con molto meno clamore e attenzione dei media. Non si era mai visto un simile livello di interazione tra reale e digitale, una computer grafica così realistica, che arriva a momenti degni dei documentari alla National Geographic.

Sarà difficilissimo, a questo punto, per la Warner Bros riuscire a fare qualcosa non solo di meglio, ma anche solo di paragonabile con il suo Jungle Book. Il progetto, annunciato per la prima volta nel 2012, è passato di regista in regista, da Alejandro González Iñárritu a Ron Howard, fino ad arrivare nel 2014 tra le mani di Andy Serkis, il Gollum del Signore degli anelli, probabilmente il miglior interprete di motion capture esistente. Doveva uscire a ottobre del 2016, poi del 2017. Alla fine è stato deciso che arriverà a ottobre 2018. I rinvii sono dovuti alla ricerca della perfezione tecnica, dell’assoluto realismo animale. Di fatto, Favreau c’è già arrivato.

Il cast originale delle voci che accompagnano l’esordiente Neel Sethi nei panni di Mowgli in questo Libro della giungla Disney mette insieme Bill Murray come Baloo, Ben Kingsley come Bagheera, Idris Elba come Shere Kahn, Scarlett Johansson come Kaa, Lupita Nyong’o come Raksha e Christopher Walken come King Lou. In italiano sono stati sostituiti da Neri Marcoré/Baloo, Toni Servillo/Bagheera, Violante Placido/Rashka, Giovanna Mezzogiorno/Kaa, dal doppiatore (bravissimo) Alessandro Rossi per Shere Kahn e da un sorprendente Giancarlo Magalli come King Lou, sorta di Marlon Brando in Apocalypse Now nella sua furibonda immobilità.

 

(Il libro della giungla, di Jon Favreau, 2016, animazione/avventura, 100’)

 

  • condividi:

LA CRITICA

La Disney continua a trasformare i suoi classici in live action. Con Il libro della giungla raggiunge un livello di perfezione tecnica finora mai visto e riesce a conservare lo spirito del cartoon aggiornandolo e rendendolo più maturo e moderno.

VOTO

8/10

Comments

News

effe

“effe – Periodico di altre narratività” numero dieci

“effe – Periodico di altre narratività” numero dieci

Archivio