“The Bride”
di Bat For Lashes

Di lune di miele solitarie, incidenti d’auto e dream pop

di / 29 luglio 2016

The Bride Cover su Flanerí

Il nuovissimo The Bride, l’ultimo lavoro di Natasha Khan, più nota come Bat for Lashes, è forse uno dei lavori musicali più tristi che sentirete quest’anno (anche se porre dei limiti all’infelicità dei cantautori potrebbe rivelarsi un grosso errore). L’album, presente sugli scaffali dal primo luglio, racchiude il solito sound elettronico à la Kahn, ammorbidito da romantiche melodie ad archi e immerso nel suo caratteristico elettro/dream pop dalle atmosfere fantastiche e irreali. Il pianoforte, saltuario accompagnatore dei groove metallici, aiuta nella rievocazione delle cascate di lacrime già promesse dalla trama del disco.

The Bride è infatti un unico lungo lamento, la narrazione in prima persona di una sposa il cui marito muore in un incidente sulla strada verso la cerimonia nuziale. La sposa-vedova, interpretata dalla voce di Natasha (un soprano che si districa soavemente tra sussurri e grida), racconta attraverso tredici tracce la sua solitaria e struggente luna di miele, intrapresa nonostante la prematura dipartita del consorte, strutturando il disco come una specie di romanzo a immagini. L’elaborazione del lutto scorre tra il dolore, i dialoghi con l’amato defunto, i monologhi della vedova, fino a un accenno di speranza finale che fa da capitolo conclusivo all’opera. Tra l’altro, l’intero album prende le mosse dal cortometraggio I Do – anche il titolo del brano introduttivo del disco –diretto dalla stessa Khan e presentato ad aprile di quest’anno al Tribeca Film Festival di New York.

The Bride si apre subito con “Joe’s Dream” e “In God’s House”, forse tra le tracce più immediatamente approcciabili del disco. Con quei groove martellanti lì a fare da anima e cuore al testo – ugualmente ritmato in ripetizioni di parole, versetti e armonie di sottofondo –, Bat for Lashes lascia poco spazio alla suspense, accompagnandoci per mano nel bagno di mestizia che ha preparato giusto per noi: «Through this veil tehy can’t see/The fog of death unveil me». In “Widow’s Peak” lo scroscio di sottofondo rievoca un animismo antico, lo sposo sembra ascoltare le parole della donna manifestandosi come pioggia sul davanzale. Si tratta di un’ode all’amore spirituale, un dialogo continuo tra sposa terrena e sposo celeste reso perfettamente dall’uso del sintetizzatore, un espediente che, tra l’altro, crea inquietanti rimandi ai lungometraggi horror–psicologici di matrice nipponica. Pezzo davvero interessante.

L’ultima parte del disco è dominata dalla speranza – o quasi. “If I Knew”, decisamente una delle tracce più pop, e “I Will Love Again”, con le sue arie in crescendo tipiche del baroque , prendono le distanze dalle robuste e ritmate prime canzoni dell’album, accompagnandoci delicatamente verso le battute finali della sofferenza. Degne di nota le performance canore di “Close Encounters” e “In Your Bed”, che confermano ancora una volta, e ancora di più, le capacità tecniche della cantautrice di Wembley.

The Bride è in definitiva il risultato dell’unione di diverse influenze e generi: lo stile del folk (o meglio, dell’electro–folk) nel timbro narrativo, il dream pop e il baroque per la creazione dell’atmosfere. Il lavoro riesce così bene nel suo intento illustrativo che probabilmente non passerà molto tempo prima di sentire una traccia di The Bride in qualche film (scommettendo, si potrebbe azzardare “Joe’s Dream” o “Land’s End”, ottime per tristi flashback holliwoodiani). Natasha subisce da sempre il fascino del cinema e non è nuova a collaborazioni di questo tipo. “Let’s Get Lost”, composta con Beck, fu inserita nella colonna sonora del film Twilight.

Nonostante il disco funzioni dal punti di vista dell’appeal, non si può ancora una volta fare a meno di crearsi una tela di rimandi durante tutto l’ascolto. Tracce di Björk e Kate Bush, così come di Robert Smith dei The Cure, rimangono ancora troppo marcate. È pur vero, però, che i talenti non crescono isolati, e che i fuoriclasse lasciano orme indelebili nei generi musicali che gli appartengono.

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LA CRITICA

Tristissimo e a tratti inquietante, The Bride, l’ultimo lavoro di Bat For Lashes, raggiunge perfettamente il suo scopo narrativo-evocativo. Rimane qualche rimando di troppo alle “sorelle maggiori” Björk e Kate Bush, ma il marchio di fabbrica di Natasha si fa sempre più nitido.

VOTO

7/10

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effe

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