“Sylvia”
di Leonard Michaels

La lingua perfetta di un amore distruttivo

di / 26 ottobre 2016

Copertina di Sylvia di Leonard Michaels su Flanerí

«C’erano attimi in cui ci capitava di guardarci, mentre eravamo seduti a qualche metro di distanza in una metropolitana affollata, o a una festa, o nel flusso di una conversazione drogata con altre quattro persone nel nostro soggiorno, quando l’alba grigia iniziava a illuminare le finestre, e ci sorridevamo con gli occhi, come se fossimo imbarazzati dalla nostra stessa fortuna di stare insieme».

Sylvia (Adelphi, 2016) è un romanzo di Leonard Michaels che racconta la breve e lancinante relazione con la sua prima moglie, Sylvia Bloch. Appena quattro anni in sole 129 pagine, eppure Sylvia è un libro destinato a depositarsi dentro di noi, come certi altri libri della vita – di solito più corposi – in cui il tempo dilatato del racconto equivale a quello impiegato a sedurre il lettore. Il romanzo di Michaels invece ci arriva addosso come uno schiaffo a viso aperto, rapido e indimenticabile.

Mentre «Elvis Presley e Allen Ginsberg erano i re del sentimento e la parola ama risuonava come un proclama con la forza di uccidi», Leonard e Sylvia stanno insieme, uniti da un sentimento che non lascia spazio agli intrusi e si consuma tra le mura di un appartamento, nelle lenzuola su cui fanno l’amore «non bene, ma fino allo sfinimento» e occasionalmente sui marciapiedi del Greenwich Village, sui quali passeggiano in quei primissimi anni Sessanta. Su Sylvia aleggia lo spettro della follia, Leonard lo sa ma questo non gli impedisce di amarla, e così lo scrittore ci trascina nelle pieghe più intime della sua antica relazione, dove egli visse in funzione di Sylvia, immerso in un amore rabbioso, consapevolmente soggiogato al capriccio e privato della propria individualità. La trama è costruita su episodi scomposti della relazione, che ci vengono consegnati dall’autore come estratti dei diari di quegli stessi anni: l’incontro con Allen Ginsberg e Jack Kerouac, e quell’epoca di «pochi eroi» – Malcom X e Fidel Castro «dal leggendario coraggio» – rimangono però ricordi pallidi e lontani, sempre subordinati a Sylvia e alla quantità di parole a lei destinate, più taglienti man mano che ci si avvicina alla fine.

Ipnotizzati dal forte squilibrio che interessa i due protagonisti, viene facilmente da domandarsi perché l’autore abbia accettato le condizioni di quell’amore folle, tanto da arrivare a sposare la sua compagna. Allo stesso tempo però non si può negare si tratti di una storia piena di amore devoto e irreprimibile, e che la sua forza risieda proprio in questo: non nel sentimento di Leonard per Sylvia, quanto nell’universalità di quei suoi gesti incondizionati, così distanti dal naturale istinto di conservazione.

Così chi legge Sylvia finisce per dimenticare presto lo spunto autobiografico (che pure è sempre evidente) sbalestrato com’è dal moto ondivago di sentimenti intensi ma mutevoli, manifestati quasi sempre nello spazio piccolissimo di una stanza o di una notte.

Con una scrittura intensa e sincera Sylvia è un romanzo superbo, con angoscia e dolcezza è una storia capace di raccontare amore e follia insieme alla caduta libera in un precipizio.

 

(Leonard Michaels, Sylvia, trad. di Vincenzo Vergiani, Adelphi, 2016, pp. 129, euro 16)
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LA CRITICA

Imperdibile. Va consumato in fretta, come l’amore tra Sylvia e Leonard.

VOTO

9/10

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