“La legge della notte”
di Ben Affleck

Sono molto lontani i tempi di Argo

di / 3 marzo 2017

Poster di La legge della notte su Flanerí

Doveva essere la prova finale del Ben Affleck regista. Doveva essere la sua affermazione definitiva dopo l’Oscar – e i vari altri premi – per Argo. E invece, La legge della notte rischia di diventare il primo pugno di terra nella tomba di quello che era sembrato poter diventare un autore solido e capace.

Quando nel 2007 Ben Affleck era passato dietro la macchina da presa per il suo film d’esordio, Gone Baby Gone, in molti erano rimasti increduli. Era un film quasi inaspettato per la qualità e la maturità con cui veniva affrontato il noir. The Town, il secondo film del 2010, aveva trovato la critica ben più preparato ad accogliere, ed elogiare, il lavoro di Affleck, anche sceneggiatore dei suoi primi due film dopo l’Oscar conquistato insieme a Matt Damon per Will Hunting – Genio ribelle. Poi era arrivato Argo, gli Oscar e una relativa maturità conquistata.

La legge della notte è il primo film a grande budget (Argo era costato 44 milioni di dollari, un budget “medio”) in cui Affleck si è diviso come sceneggiatore,regista, produttore (insieme alla Appian Way di Leonardo Dicaprio) e protagonista assoluto. Le premesse erano interessanti: cinema criminale, che gli era venuto molto bene nei primi due film, un romanzo di Denis Lehane, autore molto amato da Affleck e dal cinema (dai suoi libri, Gone Baby Gone, Mystic River di Clint Eastwood, Shutter Island di Scorsese), e un cast di grandi presenze femminili – Sienna Miller, Zoe Saldana, Elle Fanning – intorno alle spalle larghe di Ben. La pretesa era quella di riportare in auge un genere affascinante come il noir classico, quello dei gangster e del proibizionismo.

Joe Coughlin torna a Boston dopo aver servito in Europa durante la prima guerra mondiale. Gli orrori del conflitto lo hanno convinto a non accettare più ordini da nessuno. Decide di vivere come un fuorilegge, lontano dalle bande di gangster e protetto dal padre, il vice sovrintendente della polizia di Boston. È l’amore per una donna, la donna sbagliata, che gli costa tutto quello che ha e lo costringere a ridiscutere le sue convinzioni in una nuova vita.

Che cos’è che non funziona in La legge della notte? Ben Affleck, semplicemente. Ha preteso troppo da se stesso. Dividendosi in quattro ruoli, non è riuscito a farne bene neanche uno. È una lezione che ha imparato, con amarezza, sulla sua pelle, anche in vista degli sviluppi futuri della sua carriera. Nel 2018 sarebbe dovuto uscire The Batman, attesissimo ed ennesimo nuovo film della saga del giustiziere di Gotham. Dopo aver indossato la maschera da pipistrello in Batman v Superman, Affleck aveva ottenuto dalla Warner Bros massima fiducia per il nuovo progetto e la responsabilità totale sul film: sceneggiatura, regia, produzione e Batman, ovviamente. Il pesante flop sul mercato statunitense di La legge della notte, che si dice costerà alla Warner perdite per decine di milioni di dollari, ha portato a un passo indietro di Affleck dalla regia di The Batman, passata a Matt Reeves.

Insomma, questo noir doveva essere il trampolino di lancio, è diventato una trappola. Perché Affleck ha dimostrato limiti in tutti i ruoli che si è ritagliato. La legge della notte procede accumulando spunti narrativi per lasciarli poi avvizzire da soli. Nel film ci sono: prima guerra mondiale, criminalità, proibizionismo, gioco d’azzardo, contrabbando di alcolici, polizia corrotta, conflitti familiari, mafia irlandese, mafia italiana, pornografia, tossicodipendenza, fanatismo religioso, razzismo, ku klux klan, doppi giochi, inseguimenti in auto d’epoca, sparatorie e tunnel sotterranei. Un materiale narrativo che sarebbe bastato per un paio di film, se non per una serie tv, addirittura. Invece è tutto concentrato in un paio d’ore abbondanti. Il risultato è un film slegato, composto di parti non omogenee, non accompagnate da un adeguato sviluppo dei personaggi che rimangono lì sullo schermo come dei cartonati.

Il Coughlin di Affleck dovrebbe incarnare un antieroe criminale animato da un profondo senso di giustizia. Una specie di Batman in anticipo, in sostanza, eppure non riesce a comunicare nessun tipo di empatia con il pubblico. L’errore di Ben Affleck qui è doppio: si è servito un copione che non aiuta e lo ha interpretato al peggio delle sue possibilità. Joe Coughlin è un oggetto fuori dal contesto del film. Statico, immenso, troppo moderno, Ben Affleck non è mai calato nella parte, non è mai calato neanche nella realtà degli anni Venti. Sembra stare lì per caso. Gli attori di contorno avrebbero potuto fornire degli spunti interessanti, invece si devono accontentare di passare come piccole meteore sullo schermo, con personaggi femminili intrappolati in tre diversi tipi di stereotipi e tre diverse figure paterne – Brendan Gleeson, Chris Cooper e Remo Girone – che sopportano e contrastano l’indipendenza di Coughlin.

La legge della notte non è un semplice passo falso nel percorso di Affleck. È qualcosa di più grave, la dimostrazione dei limiti che erano rimasti nascosti nei film precedenti e che qui si sono manifestati in tutta la loro evidenza. Farà meglio a concentrarsi sulla regia, d’ora in poi, perché nonostante tutto la messa in scena e l’impianto d’azione del film funzionano alla grande.

 

(La legge della notte, di Ben Affleck, 2016, noir, 128’)

 

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LA CRITICA

Ben Affleck prova a fare tutto da solo in un noir che accumula spunti narrativi senza approfondire nulla. Doveva essere il trampolino verso The Batman, invece La legge della notte si è trasformato in una trappola da cui sarà molto difficile uscire.

VOTO

5/10

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