“YASДYES” di Ekat Bork
Il furore catartico della musa siberiana
di Simone Mercurio / 5 maggio 2017
In quell’Estremo Oriente più a oriente della Cina stessa e a settentrione della Corea del Nord c’è una striscia di territorio russo, un vero e proprio “Far East” dell’immensa Siberia, un litorale che si apre sul Mare del Giappone proprio di fronte alle isole dell’arcipelago nipponico. Proprio qui, in questa parte lontanissima ed estrema della cosiddetta Eurasia, nella cittadina di Ussurijsk, a due passi da Vladivostok, la San Francisco della Russia che ha dato i natali anche al mitico Yul Brynner, è nata e ha vissuto fino a dieci anni fa Ekat Bork, la musicista e cantante autrice di Veramellious.
A sedici anni, la giovanissima Ekaterina Borkova decide di lasciare la sua famiglia e l’amata nonna per partire alla volta di San Pietroburgo attraverso la leggendaria ferrovia transiberiana. Nell’antica Capitale degli Zar, tra strade e metropolitane, Ekat sopravvive per un periodo come artista di strada e dopo un lungo viaggio, intenso, ricco di avventure e di incontri approda nel 2007 nella Svizzera italiana, nel Ticino, dove vive tuttora. Qui la Bork scopre e arricchisce la sua vera identità musicale, quell’ambiente sonoro tra rock e elettronica introspettiva che oggi con il nuovo album YASДYES perfeziona e articola dopo l’esordio sognante, favolesco e catartico di Veramellious del 2013, disponibile qui.
Chiaro e scuro, dolce e tagliente sono le facce della stessa medaglia della personalità e della musica di Ekat Bork. Tanto dolce e piacevole è Ekat nel suo modo di porsi, di raccontarsi e di presentarsi con quel divertente e tenero accento con cui parla (molto bene) l’italiano, quanto dark e oscuro è il suo nuovo album YASДYES appunto, che tradotto dal russo significa “Io sono qui adesso”.
Il dark side di Ekat, il lato oscuro della musa di ghiaccio siberiana. L’altra metà della luna di una donna, di un’artista adrenalinica e allegra, ma allo stesso tempo complessa e cupa. Musica elettronica, ricca di synth, sonorità digitali, ritmiche drum and bass e dub che ricordano quelle di un’altra icona nordica come l’algida Björk simile (ma non uguale, per carità) perfino nel cognome o Laurie Anderson, la performer musa e sposa del grandissimo Lou Reed. Un’anima rock anche, che tra macchine pulsanti, percussioni e chitarre richiama a tratti alla mente anche un altro mito femminile inarrivabile: Pj Harvey.
Nei quattordici brani che raccontano sfaccettature, aneddoti della sua ancora giovane ma intensa vita c’è una energia impetuosa, dilaniata ed intrigante. Si passa dalla cupissima “Fear” accompagnata anche da un video quasi horror nella messinscena, alla meravigliosamente dolce e intima “When I Was”, con la bella voce metallica di Ekat in primo piano, finalmente nuda e libera da effetti. La nenia elettrotribale di “Zhazhda” risuona ipnotica nella testa e – così come la sognante e leggiadramente dance “Happiness” – le due canzoni potrebbero essere dei perfetti ed eleganti biglietti da visita radiofonici della nostra Ekat.
Canzoni autobiografiche e scritte nei suoi viaggi tra Italia, Svizzera, Polonia, Germania, Inghilterra e Portogallo, che verranno presentate live nei prossimi mesi in un tour europeo tra Italia, Inghilterra, Svizzera e Germania, e che vedranno la musicista siberiana in scena in uno show ricco di suggestioni visual e accompagnata una band di sette elementi. Su tutti con Ekat sul palco la splendida voce dell’ex Mr Big Eric Martin (ricordate le popolarissime “To Be With You” e “Wild World”?) e l’iconica chitarrista di Michael Jackson, Jennifer Batten.
L’uscita del nuovo album di Ekat Bork, YASДYES (release cd fisico 20 maggio 2017), prodotto dall’etichetta indipendente GinkhoBox con il suo manager Silvio Cattaneo e i produttori musicali Francesco Fabris e Sandro Mussida, è stata preceduta dallo “scandaloso” video di “Red Sektor”, da “Happiness”, e adesso dal nuovo singolo “Fear”.
(YASДYES, Ekat Bork, Elettro-Pop)
LA CRITICA
Quattordici brani che rispecchiano la doppia anima della sibeiana Ekat Bork. Un furore liberatorio e fiero espresso in ogni singola traccia che tra suoni elettronici che squarciano, synth, percussioni e la voce dolce e potente al tempo stesso, ribadiscono le intenzioni del titotlo, YASДYES, che tradotto dal russo significa “io sono qui adesso”.
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