Un po’ di ginnastica
per la prosperità

“Chthulucene” di Donna Haraway

di / 17 febbraio 2020

copertina di Chthulucene

A settembre 2019 Nero Editions ha pubblicato un’accurata traduzione di Chthulucene. Sopravvivere su un pianeta infetto di Donna Haraway.

Ci accomodiamo in prima fila sulla poltrona scomoda di spettatori della sesta estinzione di massa del pianeta Terra. Ed ecco che alcune creature favolose mostrano come accedere alla matassa delle relazioni tra esseri viventi! Su questo l’autrice è molto chiara: come nei giochi tradizionali in cui si annodano corde con le mani per comporre figure di filo, l’«arte di vivere su un pianeta danneggiato» non si esercita con le soluzioni dell’economia e dell’ecologia ma si pratica tessendo narrazioni.

Nel primo capitolo sui piccioni, riconsideriamo la differenza che fanno i saperi (dei colombofili!) e i luoghi urbani che accolgono sinergie tra specie. Nel secondo, ragni, calamari e batteri luminescenti insegnano l’arte di coniugare mondi attraverso il pensiero tentacolare. «Pensare dobbiamo», infettandoci con la diversità del vivente. Nel quarto, il kin, parentela non basata sulla famiglia, è il tema più marcatamente femminista della filosofa.

Chi di noi conosce la rete mondiale di tessitori che crea barriere coralline con perline e uncinetto? Quale abilità svela? Stay with the trouble (il titolo originale del saggio) è l’imperativo di Haraway per barcamenarsi nel tempo osceno dell’Antropocene, categoria in parte rifiutata dall’autrice e sostituita con la provocatoria definizione di Chthulucene. Da khthon “sotterraneo” e kainos “nuovo”, sono le diverse forme di tempo-spazio utili per imparare a restare davvero a contatto con il vivere e il morire su una Terra ferita. Equazioni e storie si sovrappongono in un turbine istrionico e generativo.

L’autrice ripete il messaggio: per salvarci dobbiamo farci carico soprattutto del modo in cui raccontiamo le cose. L’ultimo capitolo, che insegue la vita di cinque generazioni di bambine che si chiamano Camille, è un capolavoro di fantascienza. Chi ha visto il documentario di Fabrizio Terranova su e con Donna Haraway – imperdibile – scopre finalmente questa versione integrale del racconto I bambini del compost e rivede le meduse del film negli organismi psichedelici della bellissima copertina di Chthulucene.

L’illustrazione, che appare poi nel capitolo terzo, ricorda quando da piccoli guardavamo i funzionamenti degli organismi nei libri di scienze e ci sembravano sospesi tra realtà e immaginazione. Precipitando nell’universo, intimo ma smisurato, del pensiero dell’autrice, possiamo tornare a quel tempo involuto in cui grammatica ed esperienza non erano ancora composti reciprocamente. L’invito della filosofa è «lacerare il nostro linguaggio per ospitare il resto del mondo».

Alla fine dell’avventura interpretativa l’individualismo è impensabile, tra acrobazie di parole e rivoluzioni dei sentimenti siamo giardinieri capaci dell’arte del compost-aggio (altro che post-umani!). La ginnastica per la cura della prosperità rinvigorisce il lettore, restituendo i colori di un futuro possibile e la «sensuale curiosità molecolare» per ogni cosa terrestre.

 

(Donna Haraway, Chthulucene. Sopravvivere su un pianeta infetto, Nero Editore, 2019, trad. italiana di Claudia Durastanti e Clara Cicconi, pp. 284, euro 17, articolo di Martina Pietropaoli)

 

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