Quando l’amore è una faccenda da risolvere

“Il buio” di Deborah Willis

di / 9 marzo 2020

Copertina di Il buio di Deborah Willis

L’eccellente esordio letterario della scrittrice canadese Deborah Willis si intitolava Svanire (Del Vecchio, 2012) e affrontava l’insensatezza della scomparsa attraverso la prospettiva di chi rimane. Perché? Che fine ha fatto? Come fare a ricominciare? Si domandavano silenziosamente i protagonisti di questi sorprendenti racconti.

A sette anni abbondanti di distanza, è piuttosto curioso ritrovare Deborah Willis con una raccolta – Il buio e altre storie d’amore (Del Vecchio, 2019) – che, in molti casi, tematizza il ritorno, la riapparizione, come se gli “svaniti” del primo libro comparissero alcune pagine più in là, diversi anni dopo, qualcuno per ricominciare, qualcun altro per fare i conti con il fallimento di una fuga.

Capita per esempio in “Io sono Optimus Prime”, uno degli episodi migliori della raccolta, nel quale il piccolo Davy è chiamato a costruire da zero un rapporto con un padre divertente e inaffidabile, ricomparso un bel giorno da non si sa bene dove.

«Ancora adesso non ne so molto più di quanto ne sapessi allora, che poi era solo quello che mi era stato detto: era mio padre». (pag. 164)

E capita persino che la fuga sia talmente rapida da non essere neppure notata, come accade alla giovane protagonista di “Volata”, un’avventura di ventiquattro ore nella metropoli di Vancouver prima che la normalità torni a fare il proprio corso nella vita di una ragazza di provincia.

Nei racconti appena citati emergono altri due elementi ricorrenti. Il primo è l’alcolismo e, più in generale, la dipendenza. Parzialmente sconfitta, all’apparenza superata, la bottiglia continua a tormentare i personaggi (in prevalenza quelli maschili), a stuzzicarli, a tentarli. Una ferita che non cessa di spurgare le colpe e i dispiaceri di un passato che, ci suggerisce Willis, non può mai essere del tutto cancellato.

«E lui cosa poteva raccontarle della sua vita? Non la parte in cui dormiva nei rifugi o sotto un cartone. Non la parte in cui comprava la droga da un tizio di nome Kit-Kat. Non la parte in cui svuotava il conto di Tara». (pag. 218)

«Non era per niente simile a mia madre, ma quando bevevo, io ero in tutto e per tutto come mio padre. Incline a cantare, ballare, mentire». (pag. 177)

L’altro elemento è l’adolescenza, caratterizzata da profonde amicizie e da rivelazioni minuscole ma con effetti poderosi, come avviene nei racconti tutti al femminile “Il buio” e “Welcome to Paradise” – la ricerca da parte di due coppie di ragazze di uno spazio di complicità dal quale escludere il resto del mondo – e in “L’uccello di passo”, o “L’arca”.

Raccontata al passato e in forma di ricordo per voce di uno dei protagonisti, la giovinezza viene evocata con potenza e malinconia, sentimento, quest’ultimo, accentuato dall’improvvisa apparizione di un estemporaneo (in quanto unico) flash forward che conferisce al resoconto del narratore una venatura di dolente rimpianto.

«L’estate seguente eravamo di nuovo nella stessa baita, ma ognuna di noi aveva una nuova migliore amica. L’estate dopo ancora avevamo il ragazzo.
Penso a lei solo qualche volta ormai, le poche volte che permetto a me stessa di incontrare un uomo che conosco». (pag. 28)

Rispetto a Svanire, la novità di Il buio è rappresentata dall’introduzione di elementi fantastici o fantascientifici. Nel divertentissimo “La mia ragazza su Marte”, Amber, partner della voce narrante, partecipa a un reality per essere spedita sul pianeta rosso, “Todd” racconta la strana convivenza tra un ex tossico e una cornacchia, mentre il simbolismo piuttosto scolastico del trittico “Steve e Lauren: tre storie d’amore” osserva in ordine sparso l’epopea di un lungo matrimonio.

È in questi frangenti che i racconti di Willis assumono i contorni stralunati, a volte comici altre volte più drammatici, del George Saunders di Pastoralia.

«Amber Kivinen, spacciatrice, cristiana evangelica fuoriuscita, la mia ragazza da dodici anni, sta andando su Marte». (pag. 31)

«Che cos’è l’amore?», si domanda insistentemente Leanna in “L’arca”. In queste tredici variazioni sul tema Deborah Willis offre una vasta gamma di possibilità che ispezionano tutti i colori della relazione sentimentale, qualunque essa sia.

Che si tratti di matrimoni pluriennali costruiti con devozione e fatica o, più semplicemente di «un momento di grazia rubata, di bellezza che non meritiamo», Willis sembra trasmetterci un messaggio: siamo tutti diversi, ma funzioniamo sempre alla stessa maniera. Questo è l’amore.

 

(Deborah Willis, Il buio, Del Vecchio, 2019, trad. di Costanza Fusini, Paola Del Zoppo e Michela Sgammini,  pp. 304, euro 18, articolo di Martin Hofer)
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