Nostralgia dei Coma Cose

Il ritorno degli autuori di Hype Aura

di / 21 aprile 2021

Il problema di Nostralgia, ultimo album dei Coma Cose, non è la durata.  Può esserlo al massimo di ritorno. Il duo formatosi a Milano sembra fuori fuoco, spaesato, vestito in fretta e furia di qualcosa altro da quello che è.

Il tentativo di staccarsi da quell’ibrido hip hop/pop e da una scrittura sicuramente innovativa, divertente e intelligente fatta di intrecci lessicali – paradossalmente ancora nel titolo -, è un salto nel vuoto.  La melodia ricercata è uno sforzo che non è riuscito a trovare risposte valide e le liriche non emergono in maniera particolare.

Non bisogna essere conservativi per fare un album convincente. La soluzione non sarebbe stata bissare Hype Aura.  Ciò che esce fuori da Nostralgia è un gruppo che ha buttato lì sei brani (più un messaggio vocale come settimo brano) per cavalcare la presenza a Sanremo. Approfittare del mercato per avere tra le mani qualcosa di monco. Di non ragionato. Un lavoro che non rende giustizia a quanto ci era stato raccontato nei due precedenti episodi.

L’album parte con “Mille Tempeste” e le sensazioni sono più che positive: si intuisce un allaccio con il suo predecessore  e un taglio più cupo, quasi angoscioso, ancora più urbano. Ambizioso. Con le dovute distanze:  Nostralgia poteva essere l’Untrue di Burial dei Coma Cose.

Ma rimane una sensazione: perché gli spunti seguenti sono tanti, troppi, confusi. Una massa che copre il filo conduttore testuale, il passato come qualcosa che brucia ancora nel presente.

La canzone dei lupi” pare un pezzo dei Beach House con delle sfumature Thegiornalisti; “Discoteche abbandonate“, forse il pezzo più Inverno Ticinese, suona invece come una canzone scartata da Giorgio Poi; “Fiamme degli occhi“, lo sappiamo, è un pezzo pop radiofonico che è rimasto nel circuito del post Sanremo e che spunta nell’album come caso isolato e quasi immotivato (ma è un pensiero che si può fare su ogni canzone dell’album); “Novantasei“, con chitarre e distorsioni, qualcosa tra Smashing Pumpkins e in generale un indie rock anni ’90, sarebbe buono per il concerto di fine anno di scuola. Poi c’è “Zombie al Carrefour“,  una ballata al piano vera e propria, dai tratti  alla Calcutta, dove emerge un’attitudine più convincente, ma che non è stata giocata nel migliore dei modi.  Il vocale finale, “Outro (skit)“,retorico e che sa di spiegone, rientra nell’estetica hipster su cui si fonda parte del loro progetto, ma che in un lavoro del genere somiglia più a una presa in giro che altro.

I Coma Cose sono tra le più belle sorprese degli ultimi anni della musica italiana, ma con Nostralgia non riescono ad andare oltre a un lavoro anonimo e parzialmente dimenticabile. Purtroppo.

 

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LA CRITICA

Nostralgia è un salto nel vuoto dei Coma Cose, nato più per cavalcare il post Sanremo che altro.

VOTO

5/10

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effe

“effe – Periodico di altre narratività” numero dieci

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