“Europeana” di Patrik Ouředník

di / 6 marzo 2012

Centocinquanta pagine senza virgole e con pochissimi punti, pensieri liberi e coraggiosi che si susseguono accalcandosi in un libro che si legge d’un fiato, come bere un bicchiere d’acqua dopo una corsa in piena estate: un calderone ricchissimo di Storia e di storie in cuitutto ci appare come visto dall’alto, in fermento, piccolissimo e brulicante.

La trama di Europeana la conosciamo tutti, è la storia del XX secolo che abbiamo studiato sui libri di scuola e che ci hanno raccontato i nostri nonni, ma Ouředník, uno dei massimi autori della letteratura contemporanea ceca, nonché traduttore e linguista, ce la racconta in modo del tutto nuovo e originale.

Vengono ripercorsi i fatti salienti di questo secolo in una prospettiva inedita, raccontati alternando cinismo e irriverenza a una comicità amara: un meccanismo che fa nascere nel lettore uno spunto serio di riflessione e che gli riempie la testa di domande e di dubbi, smontando le certezze.

L’autore parte da eventi singoli, particolari, per raccontare la Storia: si parte dall’invenzione del reggiseno, dall’altezza dei soldati, dal sesso in automobile negli anni Settanta, da Barbie con la divisa a righe dei campi di concentramento e ancora dalla liberazione delle cavie dai laboratori farmaceutici per raccontare le due guerre mondiali, l’emancipazione femminile, il genocidio e i grandi avvenimenti storici.
Il tutto senza mai nominare i nomi dei grandi personaggi: ci sono le persone e non i personaggi, le storie dei piccoli, degli uomini comuni.

In Europeana la storia dell’umanità è vista come un qualcosa di lontanissimo, incapace persino di creare un senso e di dare un significato reale alle azioni umane raccontate. L’unico senso possibile può essere quello soggettivo, che ognuno lega a una determinata situazione.

E non a caso la nuova edizione di Europeana inaugura la collana Sablier, della casa editrice palermitana :duepunti edizioni, in cui si ritrovano raccolti quei libri capaci di durare nel tempo, quei libri che ognuno “sente” in un modo diverso. 
Anche perché non è facile catalogare Europeana in un genere letterario, in un filone ben definito. Non è un saggio, né un romanzo:è semplicemente “La” storia raccontata attraverso la voce di un osservatore “esterno” (che è però l’autore stesso) che descrive gli avvenimenti ma sembra non conoscerli, sembra non essere direttamente coinvolto (invece Ouředník è vissuto nel secolo che racconta). Anche questo espediente dello straniamento contribuisce a rafforzare l’idea, contenutistica oltre che formale, didecostruzione della memoria storica europea, una sorta di sfida che mette in crisi la solidissima identità Europea. Un’identità fondata su stereotipi e luoghi comuni che vengono assolutamente rimessi in discussione: ci accorgiamo improvvisamente, leggendo, della piccolezza e della banalità di alcuni episodi e di come sono diventati tragedia perché portati all’esasperazione. Solo allora, banalizzandoli appunto, ne percepiamo la ferocia assurda, la drammaticità raccapricciante che ne è venuta fuori. E se è vero (come è vero) che dal passato si deve imparare qualcosa, l’unico modo per farlo è riflettere e osservare a distanza, come insegna Ouředník.

E dunque, in un momento storico in cui questa fantomatica Europa invade le nostre vite, credo che Europeana sia davvero il libro che andrebbe letto e discusso per dare alle azioni e alle istituzioni il giusto peso.


(Patrik Ouředník, Europeana, trad. di Elena Paul, :duepunti edizioni, 2011, pp. 160, euro 20)

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