Intervista a Hector Luis Belial

di / 18 gennaio 2011

“Cos’è Hector Luis Belial?”, come ci ricorda l’autore stesso in una sua intervista non possiamo rivelare quasi nulla della sua identità, D’altra parte sarebbe improprio chiedere semplicemente “Chi è…”. Parliamo allora della “cosa” importante, della sua scrittura.  L’autore è molto giovane, è nato nel 1987. Ha esordito per Las Vegas con il romanzo “Saxophone Street Blues”. Per quanto riguarda i racconti brevi nel corso del 2008 “Babel” è stato pubblicato tra i vincitori del premio Subway, “Il Problema dei Sogni” si è qualificato tra i semifinalisti del Premio Campiello Giovani, e “La Verità del Pesce Rosso” ha ottenuto una segnalazione dalla giuria del Premio Gran Giallo Città di Cattolica.

Attraverso alcune domande ecco l’occasione di conoscere meglio il suo pensiero.

Hector Luis Belial scrive per…

Per una qualche perversione, suppongo, una nevrosi mai diagnosticata, o magari una deformità dello spirito. E la scrittura non è la terapia, ma il sintomo. Passare molte ore alla scrivania, giorno dopo giorno, inventando storie in silenzio, non può essere un’attività salutare. Per di più è quasi sempre antieconomica! Eppure non riuscirei a farne a meno. Scrivo perché non vedo alternativa.

Quali sono le ragioni che ti hanno portato a scegliere Hector Luis Belial come nome d’arte?

Belial è un nome che ho trovato su un libro di incisioni medievali a proposito di diavoli e stregoneria. Le illustrazioni mi affascinavano, l’idea di uno pseudonimo così provocatorio mi divertiva. Luis voleva essere un omaggio a Borges, quanto a Hector, confesso che non c’erano motivazioni di sorta. Mi piaceva, nel complesso, l’ambiguità dello pseudonimo, difficilmente associabile a una nazionalità precisa.

“Io non penso all'arte quando lavoro. Io tento di pensare alla vita”quanto si  ritroverebbe in questa frase di Basquiat il protagonista di Making Movies, Marcus Jamar?

Il paragone con Basquiat è tutt’altro che azzardato, perché è proprio la sua vita, prima ancora della sua opera, ad avermi suggerito il personaggio di Jamar. Come Basquiat, Jamar ha avuto un’esistenza breve, segnata da grandi difficoltà e da ancora maggiori eccessi. Jamar crea in maniera selvaggia, quasi compulsiva; arrestato dalla polizia, si mette a decorare le pareti della cella in cui è rinchiuso. Di certo, mentre dipinge, non pensa alla storia o alla teoria dell’arte. Forse non pensa nemmeno alla vita, ed è la vita, invece, ad attraversarlo completamente, fino a scaturire dalla punta del pennello.

Che emozione ti comunica il quadro di Basquiat, Fallen Angel? Potrebbe essere di Marcus Jamar?

Potrebbe senz’altro essere un Jamar! Di quest’opera vedo soprattutto la forza dei colori opposti, contrasti intensi, addirittura ossimori. Che cos’è un angelo caduto? Un angelo, oppure un diavolo? Forse entrambe le cose contemporaneamente, e quindi, nessuna delle due. L’angelo di Basquiat è bianco o nero? Porta un’aureola o una corona di spine? Sanguina o sorride? La tela stessa fonde il sublime e il volgare, l’affresco in una cattedrale e lo scarabocchio sulla parete di un cesso.

Qual è il personaggio di Making Movies che ti fa più paura, quale che ti dà maggiore speranza?

Donald Quix è un ex poliziotto incorruttibile, maniacale e paranoico, divenuto un vigilante violento. È certamente il personaggio più negativo del romanzo, perché fa il male con la granitica convinzione di fare il bene.

Ma forse il personaggio più terrorizzante è Jamar da bambino. È imperscrutabile, imprevedibile, non conosce la paura. Quand’è con lui perfino Ezra, il suo unico amico, teme per la propria vita.

Ho affidato la (poca) speranza del romanzo a due personaggi, Mick Vitali e Werner Van der Schwan; essi praticano l’autodistruzione non alla ricerca dell’oblio, ma della redenzione. E, in una certa misura, la trovano.

A breve uscirà un tuo nuovo romanzo per Las Vegas. Ti andrebbe di darci qualche anticipazione? Userai anche il tuo vero nome?

Sarà un romanzo breve, meno sperimentale a livello stilistico e più convenzionale nella struttura, dai contenuti provocatori, surreali, satirici. La trama ruota attorno alla Human+, una multinazionale che produce e distribuisce organi per il corpo umano. Organi sintetici, economici, per tutta la famiglia. Prodotti di grande successo che però hanno degli effetti collaterali terribili…

Per motivi puramente pragmatici, userò anche il mio vero nome.

Se la finzione artistica non ammette compromessi, invece la vita?

Forse la vita, i compromessi, li richiede; e chi non li sa accettare è destinato a una morte precoce, come il nostro Basquiat. Non lo dice, in altri termini, anche Darwin? Ma non sono un filosofo né un biologo, sono solo uno che scrive romanzi.

 

Leggi anche la Recensione a Making Movies.

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