“Partigiano Inverno” di Giacomo Verri

di / 30 aprile 2013

Scelta coraggiosa scrivere di un momento cruciale della storia italiana a distanza di settant’anni. C’è chi la Resistenza l’ha fatta e ne ha scritto. Per tentare di appassionare, senza confondersi con i precedenti illustri, Giacomo Verri, l’autore di Partigiano Inverno, edito da Nutrimenti (2012), carica il linguaggio e sprofonda nell’inverno della Valsesia del 1943.

Ogni capitolo un giorno del mese di dicembre per scandire una trama sospesa, dilatata e quasi tutta condensata nel finale, fatta di pensieri e di riflessioni dei tre personaggi: un professore in pensione, Italo Trabucco, che vive senza agire quando, bene o male, tutti sono costretti a prendere parte, con la testa o con il corpo; Jacopo Preti, studente innamorato, come Milton di Una questione privata di Fenoglio, che mentre sopporta il gelo delle notti da partigiano sul Monfenera pensa alla «bellissima Flora calda tra le coperte»; infine un bambino di dieci anni, Umberto Dedali, che inizia a capire cose più grandi lui e a voler partecipare attivamente.

Tre generazioni che si confrontano con uno degli eventi più delicati e difficili della storia di un popolo, la guerra civile e la rivalsa dell’orgoglio nazionale per la liberazione del paese. Verri affida soprattutto a Umberto questo gravoso compito, rendendo, senza retorica, l’antinomia Fascismo-Resistenza nella sua amicizia infantile con Gabriele, figlio di un “nero”.

In questo romanzo costruito con minuziosa attenzione non possono passare inosservate le descrizioni naturalistiche, che si presentano al lettore «con evidenza ipotipotica» ed è forse uno degli aspetti più affascinanti di questo testo.

Tuttavia, la prima cosa che colpisce, già dalla prima pagina, è la lingua, secondo Giacomo Verri quarto personaggio che muta e si evolve nel corso della narrazione con l’intento di essere «una sberla semantica» e di assisterlo nella narrazione di un passato lontano che necessita di una lingua antica. Effettivamente l’autore riesce nell’intento, dando vita a una prosa elegante, a volte un po’ barocca, infarcita di termini desueti e dialettismi ricercati, ed è innegabile la difficoltà nello scorrere le pagine di questo libro che ha bisogno di tempo, intuito e preparazione per poter essere apprezzato appieno.

Indubbiamente è un’opera prima di valore, ed è impressionante la serietà di Verri nella documentazione storiografica, nonché la consapevolezza e la gestione delle ascendenze letterarie che lo hanno accompagnato nella stesura del suo libro. Non è un caso, quindi, che sia stato finalista al Premio Calvino nel 2011, perché questo giovane professore sembra avere un’originalità nella sua penna che da tempo non riscontravo.


(Giacomo Verri, Partigiano Inverno, Nutrimenti, 2012, pp. 237, euro 17)

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