“Il mio Nirvana”: a tu per tu con i Kamchatka!

di / 9 dicembre 2011

«L’amicizia è l’unica cosa che conta davvero per fare bene musica, il resto è superfluo».

Seduti su sacchi di caffè brasiliano imbottiti, al lungo tavolo sociale del circolo culturale Ke Nako, nel quartiere San Lorenzo di Roma, incontriamo i Kamchatka!, terzetto romano che ha appena terminato di esibirsi.

«Suoniamo insieme da tanti anni, da quando ancora ci chiamavamo The Tracks ed eravamo in una formazione a quattro, ormai quasi otto anni fa», dice Alessandro, chitarra e voce del gruppo, camicia di flanella a quadri e timbro profondo. «In tutto questo tempo l’unica cosa che c’è sempre realmente interessata è stata fare musica cercando di divertirci e di esprimere al meglio noi stessi». 

Un percorso lungo, che li ha portati a diversi cambiamenti, finché nel 2007 non sono rimasti in tre – chitarra, basso e batteria –, hanno cambiato nome e approccio sonoro, continuando a suonare e scrivere con l’idea precisa di proseguire e una sola certezza: comporre in italiano. 

«Le prime canzoni dei Tracks erano in inglese, nel 2006 abbiamo deciso di provare a lavorare in italiano, principalmente per concederci maggiori occasioni di visibilità», prosegue Alessandro. «In Italia è più semplice per una giovane realtà musicale venir notata se il cantato è in italiano», ribadisce Manuel, il bassista del gruppo.

I primi tentativi, però, non furono incoraggianti: «I testi non venivano in maniera spontanea, incontravamo delle difficoltà, risultavano poco sinceri. Quando sono nati i Kamchatka! abbiamo deciso di insistere con l’italiano e le cose hanno iniziato ad essere più fluide, più oneste. Ora come ora è impossibile per noi immaginare di scrivere in un’altra lingua». Sono nate così le prime canzoni, che li hanno portati ad esibirsi dal vivo in vari locali della capitale e del Lazio, finché, nel 2010, la band si chiude in studio per registrare il primo album. I tre decidono di lavorare con un approccio vecchio stile: strumenti vintage, registrazioni in presa diretta ed esclusivamente in analogico.

«La nostra è una decisione precisa: il lavoro in presa diretta ci ha permesso di mantenere la potenza di impatto che caratterizza i nostri live. Possiamo dire che è una questione di sincerità: abbiamo voluto registrare nel modo più fedele possibile ai concerti», dice Andrea, detto Capel, il batterista, «inoltre, è stato un vero e proprio esame per tutti noi. Abbiamo rinunciato alle comodità che può offrire il lavoro su ogni singolo strumento, con le correzioni e le semplificazioni che possono derivare dall’incisione in digitale».

È stato così creato Il mio Nirvana, disco d’esordio del gruppo, registrato tra Senigallia e il Piemonte, prodotto dalla band e dalla Kiu Kiu di Michele de Cesaris. Distribuito su internet e stampato in mille copie, con uno psichedelico art-work di Spentriu in copertina ispirato al testo della title track, l’album contiene nove tracce (più una ghost track) dal suono ruvido e distorto, contaminato da momenti noise e aperture melodiche a supporto di testi ermetici ed evocativi, che hanno portato una parte della critica a parlare di nu grunge. Definizione che il gruppo, però non si sente di condividere: «L’ispirazione alla musica americana degli anni ’90 c’è, non possiamo certo negarla, ma le nostre fonti di ispirazione non si fermano certo lì. Alla scena grunge rendiamo omaggio con la title track, nel cui testo confluiscono riferimenti alle varie band del periodo, a partire dai Nirvana, ma sono tanti e diversi i gruppi a cui guardiamo. Se proprio è necessario scegliere un genere di appartenenza, direi piuttosto rock italiano, ma può essere controproducente», Alessandro si ferma, sorride, beve un sorso di birra, incrocia lo sguardo dei suoi due compagni, che ricambiano il sorriso, e prosegue «se dici “rock italiano”, alla maggior parte delle persone vengono in mente Vasco Rossi e Ligabue, che con quello che intendiamo noi non c’entrano nulla. Il nostro riferimento è a quella corrente di musica italiana che ha prodotto i Marlene Kuntz, i Verdena, i primi Afterhours. Gruppi che hanno creato un proprio suono partendo da riferimenti evidenti».

«Diciamo che noi siamo come uno spezzatino, o come la cioccolata ripiena», prosegue Andrea, «se ci guardi da fuori pensi di sapere cosa hai davanti, ma dentro c’è di tutto, molta più complessità».

Ora, il gruppo si divide tra attività live – è in progetto un tour in tutta Italia – e lavoro su nuovi brani: «Ad agosto ci siamo chiusi in una casa in campagna con gli strumenti e un software di registrazione e abbiamo iniziato a preregistrare. Sono venuti fuori sei pezzi in cui abbiamo ampiamente cambiato modo di lavorare. Ora è la musica il punto di partenza, non più il cantato.Facciamo delle lunghe improvvisazioni su cui si sviluppa una traccia vocale e dopo di che scriviamo i testi. È una specie di flusso di coscienza trasposto in musica, vengono fuori cose interessanti. Oltretutto abbiamo iniziato a inserire tappeti di tastiere e piccole parti di sintetizzatore. Cerchiamo di sviluppare il nostro suono, di provare cose nuove».

In una realtà in cui è molto difficile affermarsi come quella della musica alternativa italiana, i Kamchatka! hanno ben presenti gli elementi su cui possono contare: «Noi dobbiamo sempre mantenerci onesti verso noi stessi e il pubblico, lavorando con impegno ed elasticità, muovendoci tra i vari generi e facendoli nostri, senza cedere alle pressioni delle mode del momento. In Italia vivere di musica è difficile, riuscire a emergere ancora di più. I locali non aiutano le band, non collaborano alla promozione, non hanno delle programmazioni coerenti. Meno male che c’è internet: i social network sono vitali per noi. Quello che importa è riuscire a far conoscere la nostra musica al maggior numero di persone possibile. Dopo di che si vedrà cosa potrà arrivare». Senza mai perdere di vista l’onestà e l’amicizia.

 

I Kamchatka! su internet:

http://www.myspace.com/kamchatkaita
h’ttp://kamchatka.bandcamp.com/album/il-mio-nirvana

http://www.youtube.com/user/mrscorribanding

  • condividi:

Comments

News

effe

“effe – Periodico di altre narratività” numero dieci

“effe – Periodico di altre narratività” numero dieci

Archivio