“Spring breakers – Una vacanza da sballo” di Harmony Korine

di / 8 marzo 2013

Bastano i pochi minuti della sequenza iniziale del party alcolico in spiaggia per avere il quadro completo dell’estetica da videoclip di Spring breakers – Una vacanza da sballo, di Harmony Korine, già presentato con un buon successo lo scorso settembre a Venezia.

Quattro amiche poco più che adolescenti decidono di lasciare il campus deserto per raggiungere la Florida per lo spring break, la vacanza di primavera dei college statunitensi. Il desiderio è uno solo: andare a divertirsi. I soldi che hanno non bastano, per cui decidono di rapinare una tavola calda armate di martello e pistole ad acqua. Ci riescono. Ora hanno i soldi, partono. Iniziano le feste, la droga, i ragazzi. Finiscono anche in carcere, in costume da bagno, per un blitz della polizia durante un festino in cui si consuma cocaina su corpi nudi. Devono pagare una multa o rimanere dentro per un paio di giorni. A tirarle fuori ci pensa Alien, un gangsta-rapper bianco che morde la vita con i denti d’acciaio che si è fatto impiantare, spaccia droga, colleziona armi e sogna una vita alla Tony Montana. Le feste riprendono ma sono un po’ diverse; meno studenti e più criminali. A una di loro non sta bene e se ne torna a casa col pullman. Le altre rimangono e si lasciano coinvolgere, complici consapevoli, in un gioco sempre più grande di rapine e sparatorie.

L’idea del film è nata da un’immagine: ragazze armate in bikini. Questo è lo spunto da cui è partito Harmony Korine per realizzare il suo primo film con un budget medio-alto. Si è limitato ad aggiungere ben poco all’immagine di partenza, in verità. Dopo aver esplorato nei suoi film precedenti (Gummo, Julien Donkey-Boy, le scritture per Larry Clarke di Kids e Ken Park) il white trash degli Stati Uniti, Korine sposta lo sguardo dalla provincia grottesca e arcaica verso i più rassicuranti climi della Florida, lasciando da parte i freaks per concentrarsi su una gioventù spensieratamente allo sbando.

La furbizia dell’operazione è tutta nel prendere due stelline Disney come Selena Gomez e Vanessa Hudgens, spogliarle e calarle dal mondo dorato delle favole nello squallore alcolico del vizio, mettere accanto a loro un attore di tendenza come James Franco, mascherato quel tanto che basta per creare curiosità, e affidare la colonna sonora a un idolo dei giovanissimi come Skrillex. Aggiungendoci il sesso, ostentato più che mostrato, i dialoghi al limite del banale propri dell’adolescenza, una fotografia che esaspera i colori, un montaggio frenetico nel procedere rapsodicamente tra anticipazioni e recuperi, si ha pronto un film perfetto per risultare alternativamente provocatorio e innovativo e convincere qualcuno a ritenerlo un affresco veritiero, seppur esasperato, di quel mondo in cui libertà e licenza si confondono e che per molti è l’unica realtà e l’unico Eden verso cui aspirare.

Non è così: il vuoto che si intravede tra le carni in mostra non è quello delle coscienze, è quello della sceneggiatura. Rimanendo sulla superficie del sociale, senza problematizzare, limitandosi a mostrare senza indagare, Korine mette in scena un accrocco di colori che vuole essere un’esperienza sensoriale unica e coinvolgente ma risulta invece un ripetere ostentativo di sordidezze (alcune filmate in autentici spring break) e cliché narrativi (sequenze in ralenti, voice over retoriche e ridondanti). Nella mostra delle atrocità non c’è condanna, neanche ironica, neanche quando le ragazze azzardano una coreografia armata sulle note di “Everytime” di Britney Spears suonata al piano, al tramonto, col mare sullo sfondo, da Alien/Franco.

«Bikini e bei culi e la vita si trasforma in uno sballo» e «Il sogno americano è solo fare soldi e io ce l’ho fatta» sono le frasi che ripete Alien alle ragazze e che passano come manifesto di un film che ammicca con malizia ai videogames e a Miami Vice, tra eccessi e cultura pop. Non c’è giudizio per le azioni delle protagoniste: i loro delitti sono senza castigo, nella pausa di primavera tutto è permesso, tutto è giustificabile. Questo è l’unico messaggio che emerge dalle immagini che il regista lascia parlare come unico arbitro.
(Spring breakers – Una vacanza da sballo, di Harmony Korine, 2012, Commedia/Drammatico, 92’)

 

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