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Cinema

“Knockout – Resa dei Conti” di Steven Soderbergh

di Massimiliano Mazzei / 17 marzo

Non so perché ma avevo confuso Soderbergh con Iñárritu, quindi memore di 21 Grammi che mi aveva fatto gelare il sangue nelle vene quanto il ritrovare l’uva passa nelle braciole di maiale, mi sono seduto in sala attendendo l’inizio della sindrome da saturazione genitale.

Interno di un bar statunitense in penombra, uno di quelli dove ti servono hamburger e patate con annesso tazzone di caffè nero fumante, poggiando tutto sui tavolini accanto alle finestre.
Una donna sorridente è seduta a uno di essi, una macchina parcheggia di fronte al locale, lei guarda fuori e se ne accorge esclamando una variante di un «Oh merda» abbastanza sentito. In cinque minuti si consumeranno due incredibili e inaspettate violenze che faranno da incipit al film. 
Entra un tizio, va a sedersi di fronte a lei e comincia a parlare; si dicono cose che non si capiscono tanto, mediante il classico canovaccio del «Ora tu vieni con me!», «Nonnò, gne gne gne…», «Invece sì, vieni con me!», «Invece no, gne gne gne…», finché lui non le molla un cazzottone in pieno viso, così, a sorpresa, come quei pagliacci a molla che vedi scattare solo nei film dell’orrore prima che lo sfigato di turno vada all’altro mondo. Da qui in poi parte una stupenda sequenza di mazzate alla cieca dove ho pensato che lei avesse una controfigura e invece no: fuori dal set è una campionessa di arti marziali che sa fare anche la ruota.
La seconda incredibile e inaspettata violenza è il doppiaggio dell’uomo di poc’anzi che siede al tavolo: mentre lui cominciava a parlare io cominciavo a rimpiangere il suono dei millemila “PLOP!” targati Richard Ginori che volente o nolente ho ascoltato nel corso degli anni.

Gli ingredienti di questa appetitosa ricetta, fluida e appassionante comprendono anche un’infornata di star del calibro di un presidente di qualcosa Michael Douglas, un caliente baffetto Antonio Banderas, un pokerface Ewan McGregor e un certo Michael Fassbender, reduce dal (ses)sofferto Shame, nessuno dei quali protagonista e tutti che si muovono all’unisono per far ballare il migliore dei parkour alla funambolica Gina Carano.
Di q.b. ci sono alcune rilevanti battute messe in bocca a lei da uno sceneggiatore che non è proprio il primo venuto ma ha sguazzato in passato tra Dark City e All’Inseguimento della Pietra Verde. Mentre scappa a bordo di una macchina nuova con un simpatico ostaggio al fianco esclama: «Ops, altri a effe o!», «Cosa sono gli a effe o?», «Agenti delle forze dell’ordine!» Ora questa battuta potrebbe sembrare a prima vista innocua ma a ben guardare ho avuto l’impressione che sia stata piazzata lì per rendere la protagonista molto figa, molto sicura di sé, molto “uomochenondevechiederemai”, ma appositamente ridicola, che mi fa tanto pensare al cowboy che entra nel saloon e subentra il gelo e tutti lo guardano e non vola una mosca, poi lui si avvicina al bancone, chiede “un latte” e perde 100 punti di dignità in una botta sola.

La guarnizione sulla portata di celluloide viene fornita da una colonna sonora puntuale e omogenea al contesto e una sensazione che non ti vengano mai offerti tutti i dettagli per capire quello che sta succedendo, così cominci a chiedere a chi vede il film con te, nel buio della sala: «Ma questo è quello di cui parlava quello?», «Ma non si trovava in un altro posto un minuto fa?», «Ma quanti cazzo di flashback ci stanno in questo film?», e così via, cosicché passo dopo passo la trama si dipana come un tappeto di rugiada in un deserto di rose del deserto.

Decisamente Knockout – Resa dei Conti è un film da 8 pieno, con 4 pallini su 5 al ritmo, 2 all’impegno morale, e 5 su 5 alla catalizzazione dell’attenzione nonostante sia pieno di combattimenti e ci sia giusto giusto un quarto di scena di sesso.