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Libri

“Compro fallimenti”
di Riccardo D’Anna

di Martina Baratta / 8 gennaio

«Non oggi, non domani, ma dopodomani vi sistemiamo»: potrebbe essere questo lo slogan che riassume l’attuale situazione in Italia, patria di lavoratori saltuari e laureati senza futuro.
 Per sopravvivere ai nostri tempi moderni la parola chiave è adattamento, inteso come rinuncia ai sogni di una vita e in perfetto connubio col senso di sacrificio, quello che ti fa accantonare ogni aspettativa davanti all’esigenza di lavorare per mantenere i tuoi figli o la tua casa.

Marco è il protagonista di Compro fallimenti di Riccardo D’Anna (Memori, 2014), un non più giovane con tanti sogni rimasti sepolti in un cassetto destinato a restare chiuso. Dopo il fallimento dell’azienda in cui lavorava, ormai adulto e con famiglia a carico, si vede costretto a cercare una nuova occupazione; con una buona dose di inaspettata fortuna viene assunto in una società di recupero crediti.
Tra colleghi si chiamano “tagliagole” perché lo scopo del loro operato è quello di rintracciare persone e recuperare somme di denaro ma di spietato al di là del nome non hanno nulla, anzi: l’immedesimazione con i debitori fiaccati da tasse e in continua fuga dalla realtà dei fatti appare talvolta inevitabile.
 Marco è un po’ come quelli che scappano, un uomo che continua a darsi disperso dal proprio passato, del quale gli restano solo i ricordi ormai più simili a rimpianti. Pensa a se stesso ragazzino, quando era un promettente calciatore, al giovane laureato che voleva scrivere di cinema e si è arrangiato facendo il correttore di bozze, alla sua giovinezza vissuta all’ombra della dipartita di un padre la cui destinazione è rimasta un mistero. Approfittando del suo lavoro, Marco si mette sulle tracce del padre per riportare a galla il passato e trovare finalmente un po’ di pace per la propria coscienza.

Il racconto non è che uno spaccato dell’Italia che meglio conosciamo e l’analisi di una ricerca continua, una volta di un posto di lavoro, un’altra di un genitore ma sempre e più di tutto di se stessi, anche se il tempo è tiranno e non c’è più modo di rimescolare le carte in tavola o togliersi di dosso le responsabilità. 
La narrazione è talmente chiara, limpida e precisa da diventare a tratti piatta e inconsistente, la struttura è ben sorretta da un quadro temporale attualissimo e dipinto alla perfezione, quasi un’istantanea di un giorno qualsiasi nella nostra nazione da molti anni a questa parte.
 Il tema della ricerca potrebbe rendere Marco un personaggio molto dinamico ma la spinta non viene colta, il protagonista risulta quindi lento e quasi sempre fermo, specialista in cronache asettiche e considerazioni a tratti banali e ridondanti.

Piccoli difetti che trasformano l’intero romanzo in una parentesi un po’ anonima in cui si parla di tutti in generale e di nessuno in particolare; trattando tematiche tanto moderne potrebbe essere un bene l’immedesimazione totale del lettore il quale però trova difficile sviluppare empatia con il protagonista. Si parla di famiglia ma ne manca il senso reale, i temi, tranne quello della crisi che è il perno centrale della storia, sono sviluppati solo in superficie. Marco e i pochi personaggi che gli ruotano attorno sono dimenticabili e un po’ freddi.

L’unica cosa che non si dimentica è la povertà in cui tutti stiamo vivendo, che sia materiale o culturale, e un senso di vuoto al pensiero che la nostra nazione pare immobile quando in realtà è lanciata a mille dentro un tunnel alla fine del quale, se non saremo in grado di trovare la luce, ad aspettarci c’è solo la bocca del precipizio.

(Riccardo D’Anna, Compro fallimenti, Edizioni Memori, pp. 135, euro 14,50)