Flanerí

Libri

“Lettere alla vicina” di Marcel Proust

di Michele Lupo / 15 maggio

Jean-Ives Tadié, biografo e studioso di Marcel Proust ne parla in termini persino più appassionati che calorosi. Nell’introduzione a queste Lettere alla vicina sottolinea come risulti evidente la grandezza dello scrivente: si dà il caso sia uno scrittore grande come pochi.

La sorpresa della recente scoperta e rapida pubblicazione delle lettere a una tale signora Williams, si accompagna alla rivelazione di una qualità delle stesse tutt’altro che inconciliabile con l’opera – vecchio pregiudizio, ricorda Tadié, di lettori frettolosi. Sarà che qui la compatibilità sembra affare proprio dei soggetti implicati nel carteggio – che carteggio propriamente non è mancando le lettere della signora in questione: persona, come lui, solitaria, umbratile, malaticcia, amante della musica. Due tipi sì singolari da scriversi invece di frequentarsi o almeno parlarsi di tanto in tanto pur vivendo una al piano superiore dell’altro, in un palazzo di boulevard Haussmann. Spaventato – il secondo -, infastidito, angosciato (facile immaginarselo) dai rumori che da lì provenivano. Rumori di ristrutturazione dell’appartamento e rumori di opere quotidiane: quelle del marito dentista, classico terzo incomodo che nessun ruolo può giocare nella decadente sensiblerie dei due. Tuttavia, un paio fra la ventina di lettere comprese nel volumetto tradotto da Francesco Bergamasco per Archinto sono dirette proprio al signore in questione. Appaiono involontariamente umoristiche per l’eccesso di galanteria che contrasta con la richiesta di non rompergli le scatole; si scusa lui, infatti, per fargli «subire così spesso il contraccolpo dei miei problemi mandandole a chiedere, quando le mie crisi d’asma sono troppo forti, di procurarmi un po’ di silenzio». Non ancora convinto, gli chiede di accettare i suoi fagiani!

L’ineffabile Marcel sa che a ognuno va dato il suo. La donna ha un temperamento artistico e a lei Proust parla di fiori, di musica, ne elogia la stile. Che l’apprezzi sinceramente lo dimostra il fatto che le illustra un paio di cosette fondamentali per intendere nel miglior modo possibile la Recherche. Uomo malato in maniera si potrebbe dire proverbiale («A me sembra normale essere ammalato») mostra il suo dispiacere per le condizioni della donna, ben più giovane di lei. Del resto lui ha le sue grane: rischia la bancarotta, teme di sottoporsi all’esame per l’arruolamento militare e il suo «povero segretario è annegato precipitando in mare con l’aereo» (i lettori veri di questo gigante assoluto che oggi ne conta pochissimi -per manifesta inferiorità del destinatario – sanno il peso che ebbe Agostinelli nella costruzione della Recherche). Vorrebbe regalare qualcosa al figlio della donna, ma non ha mai visto nemmeno lui dunque non ha la più pallida idea di come cavarsela. Ma poi il lettore s’imbatte nella missiva successiva e resta a occhi aperti, folgorato dalla visione del genio messo alla prova dalle seccantissime incombenze del quotidiano: «Signora, avevo ordinato per lei questi fiori e sono disperato perché le arrivano in un giorno in cui, contro ogni mia previsione, sto così male che vorrei chiederle un po’ di silenzio per domani, sabato. Ora, questa mia preghiera non aveva nessuna relazione con i fiori, e fa perdere loro tutto il profumo di omaggio disinteressato disseminandoli di sgradevoli spine, cosicché preferisco non chiederle nessun silenzio». Povero, meraviglioso Marcel.

(Marcel Proust, Lettere alla vicina, Traduzione di Francesco Bergamasco, Archinto, pag 77, euro 14,00)