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Elba Book Festival: tra intuizioni estive e nuovi propositi

Riflessioni per una distribuzione più equa nel mondo dell'editoria indipendente

di Dario De Cristofaro / 14 agosto

Con l’estate arriva il tempo dei bilanci perché se è vero che l’anno solare termina il 31 dicembre, è vero pure che per l’editoria il mese di agosto rappresenta, almeno ufficialmente, il periodo del tanto agognato “chiuso per ferie”.

Con la scusa che agosto non era ancora arrivato, dal 29 al 31 luglio sono stato a Rio nell’Elba in occasione dell’Elba Book Festival, la prima manifestazione dedicata all’editoria indipendente organizzata sull’isola. La mia presenza – e il consueto mancato rispetto dei miei piani estivi: «Quest’anno disconoscerò editori, autori e librai, mi confonderò con la folla, e in bermuda e infradito eviterò accuratamente di entrare in libreria o di sfogliare le pagine culturali dei quotidiani» – è stata duplice: ho partecipato in rappresentanza di Flanerí, media partner dell’evento, e in qualità di responsabile dello studio editoriale 42Linee.

Fortunatamente per me, e per la mia bistrattata coscienza, il festival si è rivelato molto più stimolante di quanto avessi immaginato: ventiquattro case editrici con i loro libri si sono fatte largo per le strade del piccolo paese elbano, e una grande terrazza sul mare, quella del Barcocaio, è stata trasformata in un salotto informale in cui le voci dei giornalisti si mescolavano a quelle degli editori, degli autori, dei librai e del pubblico presente.

L’ultimo giorno della rassegna sono stato chiamato a partecipare a una tavola rotonda dedicata allo spinoso tema della distribuzione dal titolo: Grandi gruppi editoriali e grande distribuzione – Misura a tutela dei piccoli editori.

Con me erano presenti Giulio Milani, editore di Transeuropa; Cristiano Armati, editore di Red Star Press; Luca Malini, librario e editore di La Memoria del Mondo. La mediatrice dell’incontro era Isabella Cazzoli, dell’Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti, associazione che ha avviato il progetto editoriale Nessun Dogma.

All’interno della discussione sono emersi chiaramente i percorsi di ognuno e la propria conseguente opinione circa la distribuzione e la promozione editoriale. Da Giulio Milani che ha sostenuto la necessità di un supporto economico all’editoria da parte dello Stato; a Cristiano Armati che si è dimostrato poco convinto circa la possibilità di trovare strade alternative al modello promozionale/distributivo attuale; a Luca Malini, che in virtù del suo doppio ruolo, ha dato il suo parere concreto ponendo l’attenzione su cosa significhi oggi gestire una piccola libreria indipendente.

Quanto a me, la mia esperienza come editore è vincolata al progetto del periodico effe, per il quale ho scelto un tipo di distribuzione diretta – in pratica significa che di volta in volta propongo i volumi in conto vendita a librerie indipendenti rigorosamente selezionate, parlo direttamente con il libraio per cercare di capire quanto effe sia compatibile con la sua offerta, gli spiego il progetto affinché sia in grado si proporlo a sua volta ai suoi clienti, ascolto i suoi suggerimenti per migliorare il prodotto.

Ed è in riferimento a questa esperienza – ridotta certamente, ma concreta –, che ho volutamente lanciato una domanda provocatoria ai miei interlocutori, che era più o meno questa: Come si è arrivati a questa situazione di monopolio, in cui il distributore arriva a pretendere addirittura, in certi casi, il 60% del prezzo di copertina, tenendo così in scacco la piccola e media editoria, ma anche i librai indipendenti che a loro volta si avvalgono del diritto di resa – il librario, a differenza di quello che accade agli altri commercianti, può restituire l’invenduto al distributore che gli ridarà i soldi indietro –?

Sarà stato il poco tempo a disposizione per parlare di uno degli argomenti più spinosi del mondo editoriale o magari la paura di affrontarlo senza false scuse e giustificazioni, ma la domanda è caduta nel vuoto.

Neppure il riferimento a nuovi modelli come quello della distribuzione mista attuato dall’editore Sur o a proposte come quelle di Satellite Libri o directBook (a riguardo è interessante la serie di articoli di Tropico del Libro), sono servite per far decollare il dibattito, che si è concluso con un nulla di fatto, come troppo spesso accade in questi casi.

È da tempo che con 42Linee, ci stiamo interessando al problema della distribuzione, interrogandoci sulla possibilità della piccola e media editoria di organizzare un sistema alternativo che possa fare fronte alla situazione attuale.

Pensare di sintetizzare correttamente in un solo articolo le nostre analisi e tutti i pro e i contro di quella che per noi rimane la soluzione al momento più efficace – la disintermediazione, ovvero riproporre all’infinito l’unico triangolo amoroso sensato: editore, libro, libraio – sarebbe da illusi.

Quello che posso dire è che per noi la risposta al problema sta nel ridurre le distanze tra le figure imprescindibili dell’editore e del libraio, arginando o eliminando il superfluo e restituendo valore alla dimensione artigianale dell’oggetto-libro che è propria dell’editoria indipendente, sempre più spesso indipendente solo in termini di precarietà economica.
Ma in che modo lasciare spazio a questi tre attori – editore, libro, libraio – senza che la distribuzione di ogni singolo titolo si trasformi in una lunghissima odissea?
È nostra intenzione, come 42Linee, proporre una soluzione già a partire dall’autunno prossimo, approfondendo magari la questione proprio sulle pagine di Flanerí.

In quanto all’Elba Book Festival e contro ogni aspettativa mia personale – conosco il carattere degli isolani, le rivalità tra i comuni, e soprattutto ho esperienza di prime edizioni di altri festival indipendenti – mi sento di dire con entusiasmo: «Buona la prima».
Ho potuto ascoltare infatti nuove storie poco conosciute ma dal potenziale enorme, come per esempio comunEbook, o dialogare con nuovi addetti ai lavori – ringrazio per questo Marco Belli, Andrea Lunghi e Matteo Bianchi, punta dell’iceberg della catena di montaggio del festival –, cosa che mi accade sempre più di rado nell’ambiente un po’ saturo della piccola e media editoria.

Così in questo agosto inoltrato, ormai vicino alla fine dell’estate, contrariamente a ogni aspettativa o programma e – allo stesso tempo – in modo così prevedibile, mi ritrovo seduto nel mio appartamento romano, ventilatore puntato e persiane abbassate, a scrivere questo articolo e a pensare a nuovi propositi e buoni progetti, sempre più convinto che è dalle piccole disobbedienze che nascono le intuizioni migliori.