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“Il paradiso degli animali” di David Jaimes Poissant

Una new entry nell'Olimpo dei maestri delle short stories

di Chiara Gulino / 25 gennaio

Il narratore della Recherche di Proust, quando a Padova visita la cappella degli Scrovegni, è come investito da un getto miracolato di un azzurro così intenso che «la giornata radiosa sembrava aver varcato anch’essa la soglia insieme al visitatore». La stessa impressione di rapimento si ha leggendo i racconti de Il paradiso degli animali di David James Poissant (NN Editore, 2015).

L’esordiente americano è uno di quegli scrittori a cui si risponde in modo viscerale, capace di navigare come un pesce nelle acque torbide delle passioni frustrate, della violenza fisica, ma più spesso della sottile violenza psicologica, dei sensi di colpa e dei perdoni mancati, che attraverso parole accostate con il massimo della raffinatezza e perspicacia ci offre una prosa che è come carne viva.

Si procede sicuri su un terreno che si pensa sicuro, salvo poi affondare in sabbie mobili impreviste per cui senza accorgercene ci si ritrova nei panni di quel padre, di quel marito, di quel figlio.

È un sottile meccanismo di coinvolgimento empatico, quello con cui sono costruite le storie di Poissant: sembra che niente succeda quando invece la svolta è dietro l’angolo.

L’ottica a volte spiazzante è forse quella del personaggio più scomodo. Nel primo racconto L’uomo lucertola, i cui personaggi ricompaiono nel racconto finale eponimo (l’alpha e l’omega), abbiamo le prospettive di un doppio rapporto padre/figlio: Dan non accetta la diversità del figlio omosessuale, mentre l’amico Cam è alle prese con l’irrisolto confronto con il padre alcolizzato e violento e per questo cerca di essere un genitore diverso per il suo Bobby.

In ognuno dei sedici racconti compare una creatura diversa del mondo animale: una mandria di bufali, un alligatore, uno sciame di api, un gatto perduto, scoiattoli immaginari, un cane che fa da detonatore a una crisi di coppia.

Il titolo originale The Heaven of Animals è il titolo di una poesia di James Dickey che parla del ciclo vitale degli animali, del risveglio dei loro istinti che trasforma gli uni in cacciatori e gli altri in prede. Unica salvezza è per questi ultimi la fuga. Se per gli animali sono veri i versi «Sotto l’albero / cadono / sconfitti, / si rialzano, / si rimettono in cammino», per l’uomo non è detto che si riesca a non soccombere e a risollevarsi.

Il mondo che domina la narrazione di Poissant è il vuoto determinato dall’immobilità e dall’assenza di speranza. Le vicende che racconta non aspirano apparentemente ad andare oltre l’essenzialità delle persone, delle cose, dei luoghi (quelli dell’America del Sud, Atlanta, Florida, Tucson, Midwest, California), che le costituiscono nell’immediatezza di un quadro definito, ricco di rimandi e connessioni, di lucida analisi. Il loro sviluppo è interno alla narrazione.

L’imperfetta geometria del microcosmo umano genera figure di misure incerte, vacue simmetrie, forme approssimative, mutilate fisicamente (Il braccio), ma più spesso affettivamente (la corsa disperata di arrivare in tempo per pronunciare la parola “perdono” a un figlio che sta morendo di Hiv ne Il paradiso degli animali: «Nei rari momenti di onestà avrebbe potuto confessare che aveva avuto paura di quello che la vicinanza richiedeva – riconoscere l’esistenza di fidanzati, amanti, di una vita che non voleva per suo figlio»).

La raccolta è l’attraversamento di situazioni border-line e del loro possibile/impossibile superamento: il fallimento e il riscatto, la fuga e il ritorno, il terrore della mortalità e la sua accettazione (bellissimo il monologo che chiama in causa direttamente il lettore con la seconda persona di Come aiutare tuo marito a morire).

Sono storie di crimini affettivi commessi nell’incoscienza, legami di coppia che immancabilmente si sfaldano, padri e figli che attraversano fasi difficili del loro rapporto, parti che a volte si invertono nella assoluta sordità delle ragioni del cuore e dell’infelicità domestica più inconfessabile.

Insomma è l’amore declinato in tutte le sue varie forme ad essere protagonista. L’esistenza di ognuno è messa alla prova: chi subisce violenza, può anche provocarla in un continuo confronto con scelte o non scelte da prendere: «Dicono che una relazione è finita quando uno dei due esce di casa. Forse non la prima volta, ma molto prima dell’ultima. Interrompi delle litigate con una porta in faccia, con un giro in macchina, con due passi per il quartiere, e lo chiami sbollire. E anche se non lo sai ancora, non stai solo uscendo a fare un giro, stai uscendo dal tuo matrimonio».

I toccanti e coinvolgenti racconti di Poissant, sintesi di precisione, ironia, empatia mascherata da freddezza, sono la dimostrazione che certe cose si possono provare solo nelle storie di breve respiro. Le situazioni, le emozioni, i personaggi ci parlano immediatamente, senza tramiti e senza eccessi di trama propri del romanzo.

 

(David James Poissant, Il paradiso degli animali, trad. di Gioia Guerzoni, NN Editore, 2015, pp, 304, euro 17)

 

LA CRITICA - VOTO 9/10

David James Poissant è senza dubbio destinato a entrare nell’Olimpo dei maestri delle short stories tra Hemingway, Flannery O’Connor, George Saunders, Cheever e Carver.