Flanerí

Musica

“Love” dei Get Well Soon

Il ritorno dalla band capitanata da Konstantin Gropper

di Luigi Ippoliti / 23 marzo

Konstantin Gropper è tornato con i suoi Get Well Soon dopo quattro anni dal non ispiratissimo The Scarlet Breast O’ Seven Heads. Per uno che aveva esordito nel 2008 con il superbo Rest Now, Weary Head!You Will Get Well Soon, senza però riuscire a bissare completamente nel 2010 con Vexations, confermasi a quei livelli non era sicuramente facile. Rest Now, Weary Head!You Will Get Well Soon era un lavoro che vibrava di una forza enorme e oscura, con linee melodiche imponenti che vivevano in un contesto inappuntabile. Già da Vexations, con dei picchi notevoli e dove inizia a farsi forte la componente barocca, si notava sempre un ambiente musicale senza alcuna crepa, ma un ristagno di quella forza e di quella potenza melodica che aveva caratterizzato l’esordio. In The Scarlet Breast O’Seven Heads Gropper, invece, appariva un bel po’ scarico.

Arriviamo a oggi, arriviamo a Love. Anche quest’album è senza dubbi ben costruito, omogeneo, strutturato con cura, dove ricerca e pulizia del suono – i Get Well Soon hanno indiscutibilmente plasmato un suono che oramai appartiene a loro – sono sempre impeccabili. L’estetica barocca che rimanda a Neil Hannon e ai suoi The Divine Comedy è sempre impeccabile. E in questo essere impeccabile, dove Gropper è sempre stato impeccabile, può risiedere – ma forse è ancora prematuro dire una cosa del genere – il limite del gruppo. La forma, nel corso di questi anni, ha preso il sopravvento nei lavori della band tedesca andando a soffocare un po’ alla volta il contenuto, e non per un progressivo smarrimento artistico. Sembra infatti che il contenuto venga volontariamente soffocato dalla forma in un modo quasi perverso e calcolato in maniera scientifica. Rest Now, Weary Head!You Will Get Well Soon, a differenza degli altri due lavori, non aveva solo un’impalcatura tirata su alla perfezione, esprimeva qualcosa che i grandi album sanno esprime. Una forza propulsiva dall’interno, un fuoco e un’umanità in quel caso mescolati con un’elettrizzante word music alla Beirut, con il lo-fi, con il post-rock, con il chamber-pop, con l’eco dei Radiohead (non solo nell’inclinazione della voce, quella è rimasta) che nei successivi due album sono andati via via scemando. Prima quella forza veniva lasciata in libertà, dopo tenuta a bada. In Love ci troviamo in un ambiente più simile al “dopo”.

Per non fraintenderci: Love è un bel lavoro. Un bel lavoro, ma allo stesso tempo un’occasione perduta. I brani funzionano tutti. Funzionano paradossalmente tutti troppo bene. Dalla ninna nanna “It’s a Tender Maze” al falsetto stile Bon Iver di “It’s a Catalogue”, dal rock sofisticato di “Marienband” alla quasi Patrick Wolfiana “Young Count Falls For Nurse”; dal singolo “It’s Love” accompagnato da un videoclip inquietante allo splendido ritornello di “It’s a Mess”,passando per quella che è o sembra la canzone più struggente e ispirata dell’album, la malinconica “33”, che ha un unico difetto: “sembra” perché pare un pezzo pescato da un album mai uscito dei The National, risuonato e ricantato da Gropper come avrebbe fatto Matt Berninger.

Inizia ad essere chiaro di come i Get Well Soon facciano parte di quella categoria di gruppi in cui è ben chiara una propria idea musicale primitiva e la conseguente necessità di svilupparla in diverse declinazioni. Senza stravolgimenti interiori, senza sperimentazioni, senza improvvisi cambi di marcia verso altri lidi musicali. A un livello leggermente più alto può essere lampante l’esempio dei francesi Syd Matters, a un livello molto più alto quello dei già citati The National. Non si può, infatti, dire a ogni uscita dei The National «Il solito grande album dei The National»? E ritrovare in quel solito l’interpretazione di questa ricerca musicale? Certo, nel caso dei Get Well Soon il confine tra cristallizzazione del proprio essere musica e l’auto-riciclaggio un po’ furbetto è un aspetto che dovrà essere monitorato soprattutto per gli anni a venire, ma è ancora troppo presto per essere così categorici.

Sì, Love è un bell’album, ma contemporaneamente un’occasione perduta. Sì, perché in Love è forte la continua sensazione di trovarsi di fronte all’istante precedente dell’inizio di un grande album. Vuoi per la storia del gruppo, vuoi per il palese talento di Konstantin Gropper, vuoi per una combinazione irrazionale di questi due aspetti. Una sensazione per cui basterebbe pochissimo – una scintilla – per trasformarsi in qualcosa di concreto. Una sensazione che, purtroppo, rimane sempre una sensazione.

Ora non ci resta che andare a vederli dal vivo il 19 Aprile al Magnolia di Milano e il 20 Aprile al Teatro Quirinetta di Roma per capirne il reale stato di forma.

 

amazon_logo_flaneri Acquista “Love” su Amazon.it

 

LA CRITICA - VOTO 6,5/10

Dopo quattro anni da The Scarlet Breast O’ Seven Heads, Konstantin Gropper e i suoi Get Well Soon tornano con un lavoro da cui ci si poteva aspettare di più. Un lavoro che non aggiunge molto alla carriera della band tedesca, ma che nel complesso suona come un rassicurante album dei Get Well Soon.