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Libri

“Il defunto odiava i pettegolezzi”
di Serena Vitale

Angusto sarebbe il cielo per poterlo contenere

di Carlotta Colarieti / 23 marzo

«Ore 10.50. Nelle redazioni dei giornali, nelle case editrici e negli appartamenti degli scrittori squillano i telefoni “Majakovskij si è ucciso!”».

È il 14 aprile del 1930 e in passaggio Lubjanskij, a Mosca, nell’appartamento n. 12 «sei stanze, quattro famiglie, un poeta», il corpo senza vita di Vladimir Majakovskij è ancora caldo. È da questo momento, dalla fine, che Serena Vitale decide di cominciare la propria ricerca.  «Majakovskij si è ucciso», ma le troppe incongruenze (a cominciare dalla scomparsa della Mauser o forse della Browning da cui – unica certezza – il colpo è partito) suggerirebbero altro.

A 86 anni dalla morte del poeta della Rivoluzione, Serena Vitale cerca di districarsi tra le testimonianze alla ricerca del bandolo: dalle teorie complottiste che vedono Majakovskij registrato all’anagrafe al posto del fratello morto, a quelle che non escludono che egli stesse pianificando di fuggire all’estero, fino all’inquietante nebulosa di bugie e manomissioni che circondano lo strano caso della sua fine, Il defunto odiava i pettegolezzi (Adelphi, 2015) è una ricerca che supera il vocabolario limitato e asettico della catalogazione degli eventi. È un libro meticcio: un po’ ricerca filologica, un po’ indagine letteraria e un bel po’ poesia, quella dello stesso Vladimir Vladimirovič Majakovskij. Questi sono gli strumenti che rendono la Vitale inattaccabile e il suo lavoro fedelmente ancorato al metodo scientifico e se, come disse qualcuno, la scienza – quella vera – dubita, allora Il defunto odiava i pettegolezzi è un libro che insegna la scienza perché rende partecipe il lettore del ragionamento e lo educa al dubbio, all’idea che spesso ci si debbano porre molte domande prima di poter rispondere anche a una sola di esse.

La narrazione è segmentata, avanti e indietro. Così Majakovskij muore molte volte e la sua fine ci appare tragica, imbarazzante, un fatto meccanico, in uno scenario plastico a seconda di chi la riporti. A dividere questo libro da una ricerca universitaria c’è però tutto lo stile della sua autrice. Serena Vitale conquista il lettore proprio in quei momenti – si tratta di brevissimi istanti – in cui si lascia andare a commenti personali e a supposizioni azzardate che rompono l’ortodossia accademica barattandola con uno stile affilato e una sagacia narrativa in grado di conferire all’opera una personalità non ordinaria. I contenuti si concentrano sui momenti cardinali del poeta in vita e sulle versioni ambigue, ufficiali e non, che furono generate alla sua morte; un grande spazio, oltre a quello destinato al Regime e alla produzione poetica – tutti aspetti legittimi quanto scontati in un’inchiesta su Majakovskij – è ritagliato appositamente per le donne. Quelle che il poeta amò, quelle che lo amarono e quelle che non l’avrebbero mai veramente ricambiato. Ma anche qui la Vitale si sottrae al mero espediente narrativo, le donne di Majakovskij la interessano perché sono le figure che determinarono, più di tutti, non solo le sorti del poeta in vita, ma anche e soprattutto le circostanze gravitanti intorno alla sua memoria futura. La costruzione del mito.

Leggendo il libro si è tentati da quella che all’inizio è solo una semplice intuizione e che invece, procedendo con la lettura, si sedimenta come una quasi-certezza: Serena Vitale è innamorata di Majakovskij. Totalmente e senza speranza. Si tratta di un amore impossibile per un uomo monumentale. La sua grandezza finì per diventare un ingombro: per se stesso, incapace di addomesticare i propri sentimenti; per il regime – troppi i viaggi a Parigi, le automobili e i desideri borghesi –; e persino per i becchini, per la difficoltà che ebbero nel confinare il suo enorme corpo nel feretro.

Eppure, nel libro, cercando una verità tra i tanti pettegolezzi che il poeta avrebbe certamente odiato, inaspettatamente ci si imbatte proprio in lui. Non nel suo cadavere che compare da protagonista più e più volte tra le pagine, ma proprio in un Majakovskij resuscitato, più vero e vivo che mai: l’Uomo che uccise il Poeta.

 

(Serena Vitale, Il defunto odiava i pettegolezzi, Adelphi, 2015, pp. 284, euro 19)

 

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LA CRITICA - VOTO 7,5/10

Un libro paraletterario, complesso e avvincente. Una chicca di quelle che ormai se ne vedono poche. Una pubblicazione in perfetto stile Adelphi.