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Libri

“Maria di Ísili”
di Cristian Mannu

Una saga familiare di amore e dolore nella Sardegna del Sud

di Giulia Usai / 16 giugno

Maria di Ísili di Cristian Mannu (Giunti, 2016) è una di quelle storie che intrecciano disperazione e lirismo in un connubio che mette di malumore. È una saga generazionale nella quale i protagonisti sembrano nati per l’infelicità, e coerentemente vivono gran parte della propria vita all’insegna della disgrazia, finendo per capitolare verso una morte in linea con il leitmotiv di dolore. A rendere ancora più sofferente la lettura, una narrazione a più voci, in prima persona e organizzata per flussi di coscienza, che costringe il lettore a numerose pause per riprendere fiato e dedicarsi ad attività che ne risollevino il morale.

Alcune premesse per un romanzo interessante, che ha convinto la giuria del Premio Calvino di cui Mannu è stato vincitore nell’edizione 2015, ci sono: una donna che in un periodo del Novecento imprecisato si trasferisce dalla Sicilia alla Sardegna, una fuga d’amore verso Cagliari per due amanti del Sarcidano, una ragazza milanese che torna a Ísili per mettere radici e ristabilire un po’ di equilibrio nel passato familiare fatto di memorie malsane. Ma un buon racconto dovrebbe dosare meglio la distribuzione dei sentimenti, e narrare la sofferenza mantenendo un tono di pathos costante è un espediente letterario un po’ disonesto. Alla letteratura spetta esplorare varie sfaccettature delle passioni umane, e quando si calca la mano solo sul lato oscuro dell’esistenza ne risulta una narrazione a metà, che non resta nella memoria perché non smuove la psiche su più piani.

Curiosi e coinvolgenti i riferimenti del libro alla comunità dei ramai di Ísili: di origine rom o ebrea, questi artigiani ormai stanziali parlano un dialetto peculiare, il romaniska, e per anni hanno venduto pentole e altri oggetti in rame su carri itineranti in giro per la Sardegna. Antonio Lorrài, lo zingaro bello che piace alle donne e sarà causa di amore e sventura per due di loro nel romanzo, rappresenta per molti aspetti lo stereotipo letterario dello spirito gitano, libero e passionale ma destinato alla rovina, sua e di chi lo segue.

A livello sintattico merita apprezzamento il cambio di registro linguistico che si adegua alla condizione sociale e caratteriale dei personaggi: dai toni popolari in italiano regionale della levatrice Salvatorica Carboni al ritmo poetico e forse troppo teatrale di Maria, ogni voce di questo racconto corale è stata limata e plasmata attorno all’idea dell’uomo o della donna che ne fa uso. Dietro questa scelta c’è uno studio attento, che garantisce una struttura stilisticamente coerente e ben pensata.

In Maria di Ísili, l’evoluzione verso il positivo delle ultime pagine non riesce comunque a compensare una trama eccessivamente squilibrata e appesantita dal patimento, e terminata la lettura resta un sapore amaro in bocca.

 

(Cristian Mannu, Maria di Ísili, Giunti, 2016, pp. 160, euro 14)

LA CRITICA - VOTO 5/10

Le campagne del Sarcidano e la città di Cagliari fanno da sfondo a una trama crudele sulla quale pesa molta dannazione e poca speranza. Una narrazione che ha il pregio di narrare una Sardegna senza stereotipi (seppur disperata).