Flanerí

Libri

“Storia umana della matematica”
di Chiara Valerio

Fra il tavolo della cucina e la quarta dimensione

di Gabriele Sabatini / 16 dicembre

Chissà perché in via Biancamano hanno pensato di intitolarlo Storia umana della matematica (Einaudi, 2016). Forse per attrarre l’attenzione del frequentatore di librerie verso l’umanizzazione – nel senso del renderla più semplice, accessibile – di una materia che nell’immaginario collettivo è sinonimo di difficoltà e insidie, di sforzo colossale riuscibile a pochi disciplinatissimi individui, o ad ancor meno numerosi, ma fortunati, geni. Chissà chi in casa Einaudi ha convinto qualcun altro che con un titolo del genere si sarebbe subito tesa una cima fra lettore e testo, fra logaritmi e il conforto di poterli capire. Ebbene, ci sono riusciti.

Solo che hanno sbagliato libro. Sì, perché questa storia umana della matematica appare in realtà più la storia di un incontro con la matematica, il racconto di una ragazzina che scopre, frequenta, conosce una disciplina accompagnandosi a lei negli anni; ci cresce insieme, amandola e contrastandola, provando a piegarla e approdando a compromessi. È la storia di una relazione fra una donna e una materia.

Chiara Valerio è abile nel padroneggiare la narrazione facendola procedere per piani giustapposti, introducendoci con numerosi aneddoti nell’intimità della sua famiglia che – ça va sans dire – gioca un ruolo fondamentale nelle scelte di studio dell’autrice. Coinvolge poi sette personaggi che hanno fatto la storia della matematica, o la storia in generale, come il giovane Mauro Picone, che con i suoi calcoli ha permesso all’artiglieria italiana di condurre la guerra di montagna contro l’Austria-Ungheria. Di questi studiosi (che in realtà sono anche di più di sette) vengono raccontati i sentieri biografici e professionali e si finisce col comprendere l’angolatura da cui la Valerio li ha guardati.

Si configura così una Storia personale della matematica. Nulla di inopportuno, ma per l’appunto, un altro libro. Sfogliare le prime pagine vuol dire essere da subito invitati a porsi criticamente al cospetto di quanto imparato alle scuole elementari: «Tutto quello di cui Euclide parla, non esiste», o ancora «per dimostrare il teorema di Pitagora serve più immaginazione che a riportare in vita i morti, perché quelli, almeno una volta, ci sono stati». Solo che della geometria Euclidea abbiamo bisogno in vita, e questo basta a rendere la sua pratica indispensabile; ma perché non un altro tipo di geometria? Perché è più comoda, è la risposta; la più semplice, che si «accorda sufficientemente con le proprietà dei solidi naturali».

Storia umana della matematica è un libro che sa anche commuovere e spaventare. Commuove, quando matematica e fisica si intrecciano come si intreccia il legame dell’autrice con il padre; universo minuto in cui ci si addentra con la debita tenerezza: una giovane matematica e un padre fisico, l’una studiosa di una materia che nel volume viene definita umana; l’altro innamorato di una disciplina che per l’autrice è sentimentale. E però la dimostrazione di questo sentimento è possibile solo con l’ausilio della letteratura e dell’«amor che move il sole». Ma spaventa, si diceva, e lo fa davvero quando ci si trova di fronte a un Alan Turing non più eroe antinazista e felice interprete del codice Enigma, bensì uomo su cui pesa un sospetto apocalittico, ovvero che egli, se ne avesse avuta la possibilità, avrebbe potuto «sostituire sé stesso e gli esseri umani con le macchine». È il capitolo dedicato a Norbert Wiener, matematico e cibernetico, che qui a Turing viene contrapposto: se per quest’ultimo la maggiore preoccupazione era far sì che le macchine pensassero, per Wiener il principale scopo era che «gli uomini pensassero bene a che uso fare delle macchine».

Non solo vicende di uomini, ma anche di numeri. Del resto è pur sempre un libro sulla matematica. Quelli chiamati in causa sono numeri che figurano certamente in almeno un aneddoto della storia famigliare di molti di noi (di nuovo scienza e intimità): sono le 90 sfere delle estrazioni del lotto, raccontate di nuovo mediante una contrapposizione, quella cioè con le 37 caselle della roulette. È il tratto più letterario del libro fra Dostoevskij e Matilde Serao, un godibile raffronto fra l’ebbrezza del panno verde stampato con cifre rosse e nere e la mera speranza di sopravvivenza che suscita un terno su Napoli e tutte.

 

(Chiara Valerio, Storia umana della matematica, Einaudi, 2016, pp. 176, euro 18)

LA CRITICA - VOTO 7,5/10

Un intreccio fra vita privata, incontri con la matematica e protagonisti della storia di questa disciplina. Non è quello che ci si aspetta dal titolo, ma si è felici che sia così.