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Cinema

“Allied – Un’ombra nascosta”
di Robert Zemeckis

Cinema classico su sfondo digitale

di Francesco Vannutelli / 17 gennaio

Se ne è parlato tanto per motivi di inutile pettegolezzo, adesso Allied, il nuovo film di Robert Zemeckis con la coppia (solo cinematografica) Brad Pitt-Marion Cotillard arriva anche nelle sale italiane per riportare in auge il cinema patinato di un tempo.

Siamo nel 1942, in piena seconda guerra mondiale, quando l’ufficiale d’aviazione canadese Max Vatan arriva a Casablanca per incontrare Marianne Beausejour, spia e membro della resistenza francese. I due devono fingersi marito e moglie per infiltrarsi nell’alta società locale e ottenere un invito al ricevimento dell’ambasciatore tedesco. La loro missione è quella di eliminarlo. Mentre preparano il piano, Vatan e Beausejour finiscono per innamorarsi e quando lasciano il Marocco decidono di sposarsi a Londra. Quando ormai sono una famiglia felice, anche sotto i bombardamenti nazisti, Vatan deve confrontarsi con il dubbio che sua moglie non sia davvero chi dice di essere.

C’è molto fascino in Allied, il diciottesimo film di Robert Zemeckis, il regista che forse più di qualunque altro a Hollywood ha esplorato nella sua carriera ogni genere possibile (tra gli altri film: Ritorno al futuro, Forrest Gump, Le verità nascoste). Ha guardato molto al passato per costruire questa storia di sospetto e finzione. Con uno sguardo quasi metacinematografico, Zemeckis ha riproposto un immaginario patinato proprio dei classici degli anni d’oro di Hollywood, mettendo al centro una coppia di divi sempre impeccabile e bellissima.

Viene in mente subito Casablanca, di cui si riprende l’ambientazione nella prima parte, ma c’è soprattutto l’Hitchcock dei grandi film internazionali nella costruzione narrativa.

Tutto, però, in Allied sembra pensato per creare un effetto straniante nello spettatore. Chi guarda non deve capire mai cosa sia vero, ci deve sempre essere il sospetto. Zemeckis coniuga l’estetica del cinema classico con la tecnologia e il linguaggio contemporaneo. C’è un ricorso massiccio – e ormai abituale per il regista di The Walk, alla post-produzione digitale. Il linguaggio si riempie di turpiloquio fuori registro, in una delle prime sequenze viene mostrato Pitt che uccide a sangue freddo e a mani nude un uomo in una cabina del telefono, cosa impensabile per un eroe del cinema classico. È tutto un gioco sul doppio: l’ambiguità dei personaggi, l’alterazione della messa in scena, le intrusioni dei dialoghi e situazioni attuali in un film d’epoca.

Il contrasto tra forma e sostanza è uno standard nel cinema di Zemeckis e qui trova un nuovo modo per svilupparsi. Il suo interesse per il cinema digitale, esplorato nella “trilogia” Polar Express, Beowulf, A Christmas Carol, lo porta a immergere i suoi attori in un contesto irreale generato dall’animazione al computer. È l’immagine, il primo interesse del padre di Roger Rabbit, e Allied lo conferma sin dalla prima scena, con Brad Pitt paracadutato con calcolata lentezza in un deserto digitale.

Se l’uso massiccio della post-produzione permette di creare scenari di rara suggestione, come i tramonti sui tetti di Casablanca, il suo eccesso porta però anche a banalità di ridondante manierismo, come la tempesta di sabbia che avvolge le due spie nel momento in cui per la prima volta sboccia il loro amore. L’obiettivo di Zemeckis, si presume, era quello di creare un contrasto tra la sostanza del racconto e la forma della narrazione, facendo capire senza pretese di realismo che tutto è finzione. L’inganno, però, si perde spesso in immagini vuote, e ogni possibile suggestione data dal digitale non appare mai funzionale al racconto.

I paesaggi digitali fanno da sfondo a una sceneggiatura che si impegna veramente poco per essere avvincente. Nonostante Stephen Knight in scrittura, che in carriera ha tirato fuori, tra gli altri, La promessa dell’assassino di Cronenberg e Locke, di cui era anche regista, Allied si sviluppa senza sorprese e – soprattutto – senza tensione. L’omaggio ai classici passa anche da un registro artificiosamente melodrammatico – «Questa sono veramente io, nuda come Dio mi ha fatto», dice Cotillard a Pitt dopo aver partorito sotto i bombardamenti di Londra –, ma tra sentimentalismi triti e un’evoluzione della trama decisamente piatta, si esce da quasi due ore e mezzo di visione senza niente che lasci davvero il segno.

(Allied – Un’ombra nascosta, di Robert Zemeckis, 2016, spionaggio, 147’)

LA CRITICA - VOTO 5/10

Robert Zemeckis sarebbe uno di quei registi da cui aspettarsi sempre un film da ricordare. Allied non riesce a mantenersi al livello delle ottime premesse che sembrava offrire come spy-movie d’epoca con coppia di grandi stelle. Il risultato, invece è un film piatto e prolisso senza nessuna suggestione.