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Cinema

“Tutto quello che vuoi”
di Francesco Bruni

Generazioni, poesia e confronti

di Francesco Vannutelli / 12 maggio

Francesco Bruni, uno dei migliori sceneggiatori del cinema italiano, si conferma anche regista intelligente con il suo terzo film, Tutto quello che vuoi, racconto di formazione e confronto sorretto da due protagonisti particolarmente ispirati, il giovane Andrea Carpenzano e Giuliano Montaldo, uno dei registi più importanti del cinema civile italiano.

Alessandro è un ragazzo di Trastevere poco più che ventenne. Nella vita non fa molto oltre stare al bar con gli amici, infilarsi in piccoli problemi di droga e violenza e disprezzare il padre, la sua bancarella al mercato e la sua fidanzata dell’Est. L’inerzia inutile dei suoi giorni viene interrotta quando è costretto, in cambio di pochi euro, ad accompagnare Giorgio, un anziano malato di Alzheimer, un tempo poeta celebre e celebrato, nelle sue passeggiate pomeridiane. In poco tempo si crea con il vecchio smemorato un legame di complicità e fiducia che li porterà sulle tracce di un tesoro perduto e sulla strada della maturità.

A sei anni di distanza dal suo esordio alla regia con Scialla!, Francesco Bruni torna con Tutto quello che vuoi a raccontare una storia ricca di sfumature private nascoste nelle pagine della sceneggiatura. Se il suo primo film si concentrava sull’incapacità di un padre di comunicare con il figlio, prendendo come modello di riferimento il rapporto con suo figlio Arturo (presente in un ruolo minore e tra i membri della tanto chiacchierata Dark Polo Gang della trap romana), per questo nuovo lavoro l’ispirazione arriva dalla vera malattia del padre. Bruni ha il merito enorme di aver scelto di raccontare l’Alzheimer senza insistere sul dramma, concentrandosi su quei momenti di straziante e disarmata comicità che la perdita della memoria, nelle sue fasi iniziali, può regalare.

Il confronto si svolge tra quelli che potrebbero essere nipote e nonno, eliminando i padri, punto intermedio ma inutile in questo percorso di formazione. Perché Alessandro e gli altri ragazzi che il regista vuole mostrare sono il prodotto del tempo in cui viviamo, alimentati da nichilismo e assenza di valori, trincerati in silenzi astiosi. I padri non li capiscono, o sono assenti. È solo dalla distanza che può venire la comprensione e l’assoluzione, la distanza del tempo e di una mente un po’ sbiadita, in grado di confondere il presente e il passato, la Playstation e la realtà, e di vedere oltre la superficie piatta dietro cui si nasconde Alessandro e gli altri come lui.

Mantenendosi sempre sulla rotta della leggerezza, Bruni unisce il percorso di formazione con il racconto dell’Italia di oggi e di quella che rischia di essere domani. La memoria è il valore da recuperare e da difendere, anche quando sembra andare via, anche quando appare confusa. Non è una difesa a tutti i costi del tempo passato, non è un richiamo al valore dello studio, è un appello al recupero della dimensione umana, della voglia di impegnarsi, di difendere ogni singolo momento, pensiero, regalo come il bene più prezioso del mondo. È con questo spirito che il film di Bruni riesce a diventare anche una specie di avventura in stile Goonies, un on the road nel tempo.

È tutt’altro che privo di difetti, Tutto quello che vuoi, nella rappresentazione del mondo giovanile, sia quello dei trasteverini autentici che degli “alternativi” del Cinema America, nella tendenza all’accumulo di drammi che dovrebbe dare profondità ai personaggi e invece appiattisce, in certi scarti psicologici da fiction Rai scritta male. La grandezza del Giuliano Montaldo smemorato, però, in compagnia del giovane Andrea Carpenzano, riesce a dare la giusta dignità a un copione che ha il pregio di proporsi comunque come un modo diverso, intelligente e raffinato, di fare commedia nel nostro cinema.

C’è un valore fondamentale che arriva da Tutto quello che vuoi, dalla lezione senza morale che il vecchio Giorgio insegna ad Alessandro e ai suoi amici. Nasce da un aneddoto, da un momento fortuito che fa emergere l’amicizia del poeta con Sandro Pertini e quel rifiuto, di tanti anni prima, di diventare senatore a vita. Non c’era vanità o paura in quel no, c’era la scelta consapevole di mantenere la propria libertà. La libertà vera, non quella del non fare niente, ma dello scegliere di fare sempre, di non sedersi, di non rimanere lì a far passare le cose. Tutti i ragazzi, in un modo o nell’altro, cambiano e crescono insieme a Giorgio. Perché la storia e le storie possono ancora dire tanto, basta trovare il modo giusto di raccontarle.

(Tutto quello che vuoi, di Francesco Bruni, 2017, commedia, 106’)

LA CRITICA - VOTO 7/10

Francesco Bruni prende ispirazione dalle sue vicende personali per raccontare un delicato confronto generazionale che diventa percorso di formazione. Con intelligenza e grazia, e due protagonisti in naturale sintonia, Tutto quello che vuoi conferma che quando ci sono le idee il cinema italiano ha ancora tanto da dire.