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Libri

Amore senza futuro

“Il barone rampante” di Italo Calvino

di Irene Cambriglia / 27 aprile

Scritto tra il ’56 a il ’57, Il barone rampante rientra nella fase artistica più feconda e matura di Italo Calvino. Un libro che sostanzialmente porta alle estreme conseguenze un’ idea tutto sommato semplice: un uomo decide di salire sugli alberi e viverci per il resto dei suoi giorni. Ma già dalle prime pagine intuiamo che non si tratta di un banale capriccio e che vi sono motivazioni più concrete: «Fu il 15 di giugno del 1767 che Cosimo Piovasco di Rondò, mio fratello, sedette per l’ultima volta in mezzo a noi».

Il barone Cosimo Piovasco di Rondò della città di Ombrosa decide, dall’età di 12 anni, di abbandonare una vita agiata, ma fatta di obblighi e aspettative, per seguire le sue naturali inclinazioni nonostante la disapprovazione dei suoi familiari. Il rapporto con suo padre – già messo a dura prova nel corso degli anni – si deteriora fino a rasentare l’indifferenza reciproca. Sua madre, la Generalessa, nonostante il carattere freddo e disinteressato, non fa altro che guardare dalle finestre di casa verso il giardino, anche solo per osservare di sfuggita i più impercettibili movimenti di Cosimo. Ma è Biagio, il fratello minore, l’unico membro della famiglia a essergli vicino e a comprendere le scelte di suo fratello.

Attraverso una scrittura quasi fiabesca, e a tratti comica nella prima parte di Il barone rampante, si rimane esterrefatti dalla maestria di Cosimo nel saper organizzare la propria vita sugli alberi, studiandone i più svariati aspetti dal procacciamento di cibo al modo di ripararsi dal freddo o di farsi recapitare libri. È molto rispettoso dei suoi simili e delle norme comportamentali proprie di una società civile e non disdegna l’aiuto del prossimo né la corrispondenza epistolare coi maggiori studiosi dell’epoca: «Per quante doti egli assorbisse dalla comunanza con le piante e dalla lotta con gli animali, sempre mi fu chiaro che il suo posto era di qua, era dalla parte nostra».

La vita di Cosimo è costellata anche da eventi che coinvolgono e sconvolgono tutto il suo essere: l’incontro e il futuro innamoramento per Violante, la figlia della vicina famiglia dei marchesi d’Ondariva, darà vita ad una delle più belle parentesi amorose della letteratura del Novecento, italiana e non. Non si può non citare un celebre paragrafo che, manifesto della profonda conoscenza di Calvino del sentimento dell’amore: «Si conobbero. Lui conobbe lei e se stesso, perché in verità non s’era mai saputo. E lei conobbe lui e se stessa, perché pur essendosi saputa sempre, mai s’era potuta riconoscere così».

La maturità della scrittura e i toni dell’opera accompagnano la crescita di Cosimo, ormai diventato uomo ma accecato dall’amore. Violante è il centro stesso dei suoi pensieri e dei suoi tormenti, assistiamo ad un rapporto che è una continua lotta, un tentativo dell’uno di prevaricare sull’altro, una giostra senza tregua che ha termine soltanto con la decisione di Cosimo di dare un taglio netto alla situazione perché comprende che non vi sarà mai alcun futuro: «Non ci può essere amore se non si è se stessi con tutte le proprie forze».

È possibile notare nella vita di Cosimo una certa ordinarietà seppur nella sua stravagante decisione: egli ha vissuto esattamente allo stesso modo di qualsiasi altro essere che calpesti la terra, nulla gli è stato precluso e nessuno lo ha allontanato. Diventa l’emblema dell’eroe che può affrontare qualsiasi avversità, che è sempre disposto a fare del bene, anche se ha smesso di sognare dopo il distacco da Violante. Cosimo rinuncia alla propria felicità, si abbandona all’inesorabile trascorrere degli anni e si trascina sempre più a fatica; nulla ormai può più stupirlo, ogni cosa appare insignificante se confrontata con ciò che ha provato per Violante. E nel finale di Il barone rampante, di Cosimo, nato sulla terra e vissuto nell’aria tra gli alberi e morto in cielo, non resta alcuna traccia fisica, come se non avesse mai vissuto realmente, ma fosse soltanto il simbolo di un’epoca in cui era ancora possibile «essere se stessi con tutte le proprie forze».

 

(Italo Calvino, Il barone rampante, 1957)